Pier Luigi Bersani si era armato di coraggio prima di uscire allo scoperto e iniziare la partita per le elezioni del 2013. Ma il patto stretto con Nichi Vendola e la sfida aperta delle primarie con il leader di Sel (che già in passato ha dato diverso filo da torcere al segretario del Pd) rischia di smontare il delicato lavoro di tessitura fatto dal leader democratico, pure partito in pole position con i sondaggi. Dopo una serie di dichiarazioni contraddittorie del governatore pugliese riguardo all’alleanza con Pier Ferdinando Casini, ieri la doccia fredda: «Con Bersani abbiamo discusso della casa del centrosinistra, una casa in cui non c’è l’Udc, non c’è Casini». Piuttosto, a ventiquattr’ore dal lancio di uno schema che escludeva Di Pietro, sempre Vendola lancia l’appello all’Idv. E l’ex pm alza il prezzo, confermando di correre per Palazzo Chigi. E a sera lo stesso Bersani sembra allinearsi alla nuova versione: «Noi non ci sposiamo con l’Udc» e all’Idv non abbiamo mai chiuso le porte. Prendiamo atto di una situazione. Sono mesi che assistiamo ad affermazioni sconcertanti, anche ad attacchi personali, che lasciano intendere che Di Pietro ha deciso per un’altra strada».Le novità dell’ultima ora fanno esplodere i malumori a largo del Nazareno. L’area moderata frena a fatica la rabbia per aver accelerato, dando credito a Vendola, senza prima concordare la strategia. Per parte sua, il presidente della Puglia inizia a dettare una serie di condizioni, dalle alleanze, alle primarie, fino alle indicazioni sulla legge elettorale, su cui il Pd sta per cedere alle richieste del Pdl del premio di maggioranza al partito. Insomma, Vendola scippa per ora lo scettro a Bersani, che però rassicura i suoi sul fatto che l’alleato di Sel deve acquietare la sua base in fermento.Eppure Vendola sembra sterzare rispetto alle parole del giorno precedente. Nessun «veto ma una constatazione», dice riguardo all’Udc: «Casini ha fatto un altro percorso e le sue posizioni» ad esempio sui diritti civili sono sempre state «antitetiche a quelle del campo progressista». Così come le politiche economiche: se la linea dei centristi è quella «di austerity e liberismo da qui all’eternità, Casini potrà essere solo un nostro avversario, mai un alleato». Ancora, Vendola spinge per un’alleanza con il Pd, con liste uniche. Se Bersani aveva frenato con prudenza, ieri il vicesegretario Enrico Letta non ha certo avuto dubbi: «Non esiste che il Pd rinunci al simbolo. Dopo tutto il lavoro fatto, noi ci saremo», avverte. Piuttosto molto dipenderà dal sistema di voto, conferma Letta, che vede Berlusconi sempre più fermo sul premio al primo partito, che chiuderebbe la questione della coalizione.Un compromesso su cui Vendola, fuori dal Palazzo, dice la sua: il percorso di costruzione di un nuovo centrosinistra e delle primarie «non può essere stravolto da una legge elettorale» che rischia di «rappresentare un passo indietro». Serve il «premio alla coalizione», secondo il leader di Sel, che sembra impaziente sulle primarie e chiede a Bersani di «fissare subito la data e le regole». Nella sfida, molto dipende da un eventuale recupero di Di Pietro, deciso ad andare avanti da solo: «Le forze migliori che vogliono seppellire il berlusconismo hanno il dovere di mettersi insieme».Parole che stridono con le dichiarazioni di Bersani, certo che «con Di Pietro si è creato un problema serissimo e non l’abbiamo creato noi». Il leader pd comunque conferma che il cantiere è appena aperto, deve vedere i socialisti e i sindacati. Ci crede l’ex ppi Beppe Fioroni, non spaventato dalle nuove versioni: «Non mi preoccupano le intemperanze di Vendola e Casini».