Maria Elisabetta Alberti Casellati - Fotogramma
La Basilicata diventa il ring dell’ultimo round delle liste elettorali. Qui sarebbe candidata Elisabetta Casellati, decana di Forza Italia e presidente del Senato, "dirottata" dal suo Veneto e perciò bersaglio dei malumori del partito lucano, che si sente scalzato. E qui il Pd schiera come capolista alla Camera il sottosegretario Enzo Amendola. Ad affollare la platea si aggiunge Matteo Salvini, che guiderà la lista al proporzionale. Ed è proprio il leader leghista a far notare la coincidenza. Ma è soprattutto la tensione interna a Forza Italia - con la rivolta semi-annunciata contro i "paracadutati" da Roma - a segnare la volata finale sulle liste che vanno depositate entro domani sera. Fi sarebbe dunque quella più in alto mare, la Lega (definiti venerdì i collegi uninominali) è al lavoro su quelli proporzionali, mentre sarebbe in chiusura Fratelli d’Italia.
A rischio, per il partito di Silvio Berlusconi, non ci sono solo i parlamentari uscenti - secondo i calcoli più pessimisti, la squadra si ridurrebbe a una cinquantina tra deputati e senatori rispetto agli attuali 123 -, ma anche big e nomi storici. Per gli "azzurri" i consensi il 25 settembre potrebbero fermarsi sotto il 10%. Così la tela delle liste si fa e si disfa, a costo di sacrifici indigesti per parecchi. E sale l’agitazione tra quanti annusano il rischio di restare fuori. È quel che succede in Basilicata e coinvolge la presidente Casellati. Il consigliere regionale di Fi, Gerardo Bellettieri, sbotta: «Il popolo lucano merita rispetto e va rappresentato da gente lucana del territorio». Quindi, pur confermando «massimo rispetto per la seconda carica dello Stato», rammenta che sul posto c’è chi «lavora incessantemente per il territorio e ha portato il partito dal 4% al 12,5%». E ne fa nome e cognome: il potentino Giuseppe Moles, che è anche sottosegretario all’Editoria. «Io sto con lui», chiosa Bellettieri.
Il collegio maggioritario della Basilicata è considerato sicuro per il centrodestra, più o meno come quello di Padova in cui correrebbe però la bolognese Annamaria Bernini, capogruppo al Senato. E proprio le giravolte decise dall’alto lasciano strascichi. Pronto alle dimissioni è il deputato Dario Bond, vicecoordinatore regionale per il Veneto, in polemica con la gestione delle candidature. «In Veneto ci sono province dove non si farà nemmeno campagna», ammette amaro e sbotta: «Sono in Fi dall’inizio, ma così non si può andare avanti».
Un indizio dell’agitazione e dei lavori non conclusi è il riserbo assoluto di Fi da qualche giorno. Con per di più Berlusconi "latitante": a parte un’intervista al Tgcom24, non partecipa nemmeno ai funerali dell’amico Niccolò Ghedini. È rimasto probabilmente a Villa Certosa, in Sardegna, dove avrebbe chiamato a corte i vertici del partito. Eppure sul vertice non filtra granché. «L’energia è una vera emergenza nazionale», ammonisce in tv il leader osservando che «la politica invece si occuparsi di questo, sta discutendo solo di liste e di candidature». Appunto. Unico spiraglio è la fiducia di Paolo Barelli, capogruppo alla Camera: «Bisogna chiudere le liste domenica mattina al massimo», convinto che «la fiducia è l’ultima a morire». E agli atti va registrato pure l’addio dal Parlamento di Francesco Giro: annusata l’aria, dopo 25 anni di carriera il senatore con la doppia tessera di Lega e FI non si candida.