ANSA
La tentazione è evidente, a due giorni dal varo del nuovo Def: più che analizzare la realtà macroeconomica mutata da settembre, ci si limiterà a riprodurre grosso modo lo stesso quadro. Un “fermo immagine” nel tentativo di congelare un po’ tutto in attesa del voto europeo di giugno (e di quel che accadrà dopo, con la futura Commissione), anche quei problemi che continuano invece a riprodursi. Una stagnazione delle previsioni quasi specchio di quella dell’economia reale, con una crescita destinata a oscillare ancora fra il +0,6% e l’1% (nella stima, ottimistica, che dovrebbe essere fissata nel Documento). E anche un tentativo di rimandare quei nodi che, come previsto, stanno cominciando a venire al pettine. Dopo aver perso l’occasione della riforma del Patto Ue di stabilità e crescita, lamentata a più riprese sia da Meloni sia dal ministro Giorgetti, e col risparmio delle famiglie ai minimi da 28 anni che rischia di divaricare le disuguaglianze, il governo prova a minimizzare e a mettere la testa sotto la sabbia. Ci si continua a consolare dicendo che «la nostra economia cresce più di quasi tutta l’Europa» - parole di Salvini - omettendo che siamo tornati allo “zero virgola”. E si continua a puntare sulle vie più facili (privatizzazioni e nuove maxi-emissioni di Btp, dei quali ci si vanta poi per il successo presso i risparmiatori) rinviando, e accrescendo, il nodo a tutti noto del debito pubblico “succhia-risorse” per gli interessi da pagare. Omettendo, qui, che il tasso di ripagabilità del debito si basa sulla presenza di un robusto saldo primario nei conti, che latita invece dal 2022. Ma, soprattutto, a mancare sono idee e strategie innovative del centrodestra per affrontare una situazione che non può essere affrontata solo ricordando le colpe del Superbonus da altri voluto.