mercoledì 17 dicembre 2008
Dopo le dichiarazioni del sottosegretario Roccella, l'Aifa fa marcia indietro: «La valutazione del farmaco non è inserita nell'ordine del giorno del Cda che si riunirà nei prossimi giorni»
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La procedura di valutazione della Ru 486» è «ancora in corso» e «prevedendo anche un’analisi da parte del Comitato prezzi e rimborso non è a tutt’oggi ipotizzabile alcuna data per l’analisi del farmaco da parte del Cda». Quindi anche «per la conclusione dell’iter registrativo». Non lascia adito a dubbi la precisazione diffusa ieri dall’Aifa, l’agenzia del farmaco, riguardo a una imminente introduzione nei nostri ospedali della pillola abortiva. Vicenda sulla quale è stata presentata ieri una mozione alla Camera, affinché il governo prenda «gli opportuni provvedimenti» per sospendere la procedura.Secondo alcune agenzie di stampa, nella riunione di dopodomani del Consiglio di amministrazione che sovrintende all’organismo pubblico si sarebbe dovuto discutere proprio di questo tema. Invece, l’ente interessato «precisa che la valutazione di tale farmaco non è mai stata inserita nell’ordine del giorno del Cda che si riunirà nei prossimi giorni». L’iter di commercializzazione nel nostro Paese è in corso da tempo, e la commissione tecnico-scientifica ha dato già nel febbraio scorso un sostanziale disco verde all’uso del mifepristone (è questo il nome del principio attivo della sostanza abortiva).Ma da più parti sono state sollevate perplessità sul fatto che si sia davvero preso atto di tutti gli eventi avversi – tra i quali 16 morti – verificatisi dopo l’assunzione della pillola. In più, come faceva notare il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella in un’intervista apparsa ieri su Avvenire, la procedura amministrativa per l’autorizzazione – e la successiva somministrazione – è tutt’altro che esente da difficoltà (legate all’uso necessario di un secondo farmaco, sconsigliato dalla stessa casa produttrice e alle modalità necessarie per seguire la donna durante l’aborto chimico, il cui decorso contrasterebbe con quanto previsto dalla legge 194). Un iter accidentato e complesso, dunque, come conferma la presa di posizione dell’Aifa, organismo che agisce sì secondo le direttive del ministero della Salute e in collaborazione con le Regioni, ma che è indipendente. È comunque «dovere del ministero del Welfare assicurare la massima garanzia possibile per la salute delle donne e dunque chiarire tutti i punti oscuri», ha ribadito ieri la Roccella, durante la conferenza stampa su un altro spinoso caso bioetico, quello di Eluana Englaro.Contro l’ipotesi di fare largo anche in Italia all’interruzione di gravidanza per via chimica ieri si è mosso anche un gruppo di parlamentari. In stile rigorosamente bipartisan hanno firmato una mozione alla Camera quaranta onorevoli di Udc, Lega e Pdl, annunciando, per bocca del centrista Luca Volontè, l’arrivo anche di sostegni dal Pd. Un’analoga mozione è in arrivo al Senato, primo firmatario il senatore a vita Francesco Cossiga, per iniziativa di Laura Bianconi (Pdl), che ha presentato anche un’interrogazione urgente al ministro del Welfare Maurizio Sacconi.«Vogliamo una presa di posizione decisa da parte del Governo, più forte di quanto non abbia mai fatto finora», ha detto Isabella Bertolini (Pdl), presentando ieri alla Camera il testo della mozione. «Ci preoccupano i tanti dubbi sulla sicurezza del farmaco – ha rimarcato Volontè – che fino ad oggi ha registrato 16 morti accertate nel mondo». «Inoltre, stando a uno studio pubblicato dal New England Journal of Medicine – ha spiegato Massimo Polledri (Lega Nord) – l’aborto chimico è di gran lunga meno sicuro di quello chirurgico». Il primo, infatti, provoca un tasso di mortalità di uno per 100mila, mentre con l’aborto praticato in sala operatoria questo tasso scende a 0,1 per 100mila donne trattate. Può, insomma, uccidere 10 volte di più. Infine, avverte la Bianconi, la Ru486 «contrasta con l’articolo 15 della legge 194, che prevede che le pratiche abortive debbano essere assolutamente sicure per la donna, nonché con l’articolo 9 che stabilisce che l’aborto venga effettuato esclusivamente in strutture accreditate».
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