Roberto Fico a colloquio con il premier uscente Paolo Gentiloni alle celebrazioni del 25 aprile
Il 53esimo giorno di questa nuova legislatura, quello di oggi, si annuncia il più lungo e complicato di una trattativa sempre più ardua. I passaggi immaginati da Sergio Mattarella con procedere geometrico, per tentare di avvicinarsi pian piano alla soluzione, aprono ogni volta timidi spiragli ma rafforzano nel contempo rigide preclusioni. Si continua a procedere al ritmo di un passo avanti e due indietro, insomma, ma stavolta non ci sono più tanti margini. Roberto Fico nel tardo pomeriggio dovrà riferire se ci sono o meno gli estremi per proseguire in questo suo tentativo - affidatogli lunedì col mandato esplorativo del capo dello Stato - di dar vita a una alleanza M5s-Pd. Il presidente della Camera, che pure si è speso personalmente per favorirlo, ha chiare tutte le difficoltà che permangono. Anche solo ad aprire la trattativa «sui temi», prima ancora di andare a discutere di premiership e organigrammi.C’è attesa per quanto riferiranno stamattina la delegazione del Pd e del M5s, ma nessuno si fa soverchie illusioni. Non il Quirinale, e nemmeno Fico, ormai. Il fuoco di sbarramento di Matteo Renzi è ormai palese e incombente, e dal Quirinale fin dall’inizio si è voluto escludere pressioni sul suo partito di provenienza per arruolarlo, in nome di una sorta di 'ragion di Stato', alla causa della governabilità.
Una prima valutazione la si farà a fine mattinata in quella sorta di congresso M5s che si preannuncia fra Fico e Di Maio, alle 13. Un incontro in cui dovranno decidere - di fatto - se chiudere o meno anche il secondo 'forno', o mantenerlo aperto. Certo il reggente dem Maurizio Martina non chiude la porta, chiede tempo per consultare gli organi di partito. Ma anche nel Movimento c’è da fare i conti con la riottosità della base che se- gue con crescente fastidio questo rincorrere il consenso di un partito che era stato fieramente avversario per tutto l’arco della campagna elettorale. E i timori dei vertici del M5s di appannare in questo modo l’immagine del Movimento nell’inseguire le altrui liturgie saranno certamente ponderati nel difficile colloquio fra il candidato premier e il presidente della Camera. L’orientamento potrebbe essere quello di rimettersi, alla fine, alle valutazioni di Mattarella. Peccato che al Quirinale ci si aspetta che, viceversa, sia Fico a riferire se - dagli esiti dei colloqui con i partiti - ci siano le basi per decidere un prolungamento del mandato. Ed ecco allora l’estrema delicatezza che si annuncia nel colloquio finale sul Colle - che dovrebbe essere fissato fra le 17 e le 18 di - fra Fico e Mattarella. Da un lato i margini molto risicati per un’intesa, di fatto avversata dalla maggioranza dei parlamentari dem e da gran parte della base pentastellata, indurrebbero a chiudere il tentativo con il nulla di fatto, come era avvenuto per Alberti Casellati nel perimetro centrodestra-M5s. Dall’altro, però, la percezione che non ci sono più tante strade aperte a evitare un rovinoso ritorno alle urne in ottobre, rende probabile che, alla fine, una breve proroga del mandato per il tentativo di Fico possa esserci. In alternativa Mattarella, nel ringraziarlo, potrebbe invece assumere in proprio l’onere di verificare l’evoluzione della trattativa, fino alla direzione del Pd annunciata per mercoledì prossimo, 2 maggio.
Non è passato inosservato, intanto, il colloquio che il presidente della Camera ha avuto ieri mattina alla cerimonia tenutasi all’Altare della Patria con il premier Paolo Gentiloni. Perché, se anche questo nuovo tentativo di governo 'politico' dovesse fallire, si tratterebbe di valutare anche il futuro dell’attuale governo. Che senso avrebbe infatti, ci si chiede già al Quirinale, mandare allo sbaraglio in Parlamento una personalità incaricata per un governo di garanzia, in presenza di un 'no' secco a tale ipotesi annunciato tanto da Matteo Salvini quanto da Luigi Di Maio? Perché, nella terra incognita che il Quirinale è costretto a esplorare, c’è anche il pericolo, da evitare, di mandare a casa un governo senza maggioranza (ma almeno tecnicamente operativo e padrone dei diversi dossier) per sostituirlo con un governo a forte rischio di non ottenere la fiducia, che - per di più - non avrebbe nemmeno l’operatività necessaria per gestire al meglio gli affari correnti. Un pasticcio istituzionale senza precedenti che Mattarella cercherà di sbrogliare al meglio. O alla meno peggio. Unica possibilità: prendere altro tempo, 'scavallando' anche le elezioni in Friuli. Un supplemento di riflessione che il capo dello Stato potrebbe gestire in proprio, oppure affidare ancora alla 'mediazione' del presidente della Camera.