La sopravvivenza delle scuole paritarie è diventato un obiettivo di tutte le forze politiche presenti in Parlamento. L’indicazione, chiara, è uscita dal web pressing promosso ieri mattina dalle 50 associazioni no profit dell’appello pro-paritarie (Comitato Polis Pro Persona), da Ricostruire e dal Forum delle associazioni familiari.
Duramente colpiti dalle conseguenze della pandemia, gli istituti non statali devono fare i conti con le difficoltà crescenti delle famiglie a pagare le rette, tanto che, senza un adeguato sostegno economico da parte dello Stato - ha ricordato Domenico Menorello, tra i promotori dell’incontro - almeno il 30% non riaprirebbe a settembre, con il conseguente passaggio di oltre 300mila studenti alle scuole statali, per un costo, a carico della collettività, di 2,4 miliardi di euro. Uno scenario che tutti i partecipanti all’incontro online di ieri, hanno dichiarato di voler respingere, impegnandosi in Parlamento a recuperare i fondi necessari.
Un’ulteriore sollecitazione arriverà anche dal flash mob, organizzato dalle congregazioni religiose che gestiscono istituti scolastici per giovedì pomeriggio davanti a Montecitorio, nelle stesse ore in cui i deputati saranno impegnati nella discussione degli emendamenti al decreto Rilancio.
Al momento, per le paritarie sono previsti 150 milioni: 80 per il sistema 0-6 anni e 70 per le scuole dalla primaria alla secondaria di secondo grado, ma soltanto fino ai 16 anni, con esclusione, dunque, delle ultime due classi. Un primo confronto tra le forze politiche è stato chiesto dalla presidente dei deputati di Forza Italia, Maria Stella Gelmini, che ha proposto un incontro urgente tra tutti i capigruppo della Camera, per decidere la quota da destinare alle scuole non statali degli 800 milioni a disposizione dei gruppi parlamentari. «È necessario un confronto tra tutti per capire quali emendamenti portare avanti», ha sottolineato Gelmini. La cui proposta è stata accolta dagli altri partecipanti al dibattito. «Dobbiamo mettere da parte le ideologie perché qui c’è la necessità di un grande ristoro», ha sottolineato Stefano Lepri (Pd), riferendosi al mancato versamento delle rette dei servizi 0-6, sospesi da oltre tre mesi.
«Dobbiamo considerare le paritarie almeno come le imprese, anzi di più perché svolgono un servizio pubblico», ha aggiunto, elencando gli emendamenti al decreto Rilancio, presentati dai democratici, che puntano essenzialmente al raddoppio dei fondi a disposizione (da 150 a 300 milioni di euro), alla deroga fino a tutto agosto della cassa integrazione per i dipendenti e a consentire l’accesso, anche degli istituti non statali, all’ecobonus del 110% sulle ristrutturazioni edilizie. Delle paritarie come «pilastro strategico» del sistema scolastico pubblico, ha parlato anche l’ex-segretario dei Ds, Piero Fassino, mentre Stefano Fassina di Leu ha rilanciato l’impegno a «combattere in Parlamento affinché nessuna scuola paritaria sia costretta a chiudere».
In vista della riapertura a settembre, ha assicurato la viceministra all’Istruzione, Anna Ascani, «ai tavoli regionali saranno convocati anche i rappresentanti delle paritarie» e Tiziana Drago, del Movimento 5 Stelle, ha chiesto un intervento legislativo per consentire alle famiglie di usufruire di un credito d’imposta, potendo così scaricare dalle tasse il costo della retta. Richiesta avanzata anche dall’Intergruppo per la sussidiarietà, come ha riferito Maurizio Lupi di Noi con l’Italia, che chiede anche di aumentare il fondo a 330 milioni, innalzando l’età da 16 a 18 anni, per comprendere così tutte le classi della scuola superiore. «Voteremo ogni proposta tendente ad eliminare qualsiasi discriminazione verso le scuole paritarie», ha assicurato Giancarlo Giorgetti della Lega, mentre Maria Elena Boschi di Italia Viva ha sollecitato tutti a «pensare a un modello scolastico diverso».
«È inaccettabile che le risorse per la sicurezza siano destinate soltanto alle scuole statali», ha ricordato Paola Frassinetti di Fratelli d’Italia, puntando sulla «volontà trasversale» di cambiare la norma in Parlamento. Ben sapendo, ha avvertito la senatrice Paola Binetti (Udc), che «ciò che non passerà alla Camera sarà ripreso in Senato, perché le famiglie devono avere il diritto di scegliere dove mandare a scuola i propri figli».