Imagoeconomica
Di per sé un rinvio di tre mesi non sarebbe stato uno scandalo. Lo spostamento dell’entrata in vigore della nuova “Patente a crediti” per il settore dell’edilizia dal prossimo primo ottobre all’inizio di gennaio 2025 - come richiesto dalle forze parlamentari di maggioranza, dal Pd (addirittura ad aprile) e dalle autonomie con una serie di emendamenti al decreto omnibus – poteva apparire persino “ragionevole”, visto che il Consiglio di Stato aveva chiesto di lasciare trascorrere qualche giorno (almeno uno!), tra la pubblicazione del decreto attuativo e la vigenza della norma. E, in effetti, ad oggi il regolamento non è stato ancora stampato in Gazzetta ufficiale. Il decreto, però, è stato emanato a luglio, accompagnato pure da una serie di slide esplicative del ministero del Lavoro ed è già stata predisposta una serie di webinar esplicativi dell’Ispettorato nazionale del lavoro per guidare la prima fase di operatività della norma. Perché, dunque, fermare tutto proprio adesso?
I sindacati – e la Cisl in particolare – premono affinché si adotti finalmente uno strumento ritenuto fondamentale per rafforzare la sicurezza sul lavoro in edilizia, premiando chi investe in prevenzione e scoraggiando invece il ricorso a imprese “improvvisate”, con personale raccogliticcio (spesso in nero) e non formato. Le stesse aziende, riunite nell’Associazione nazionale costruttori edili, hanno fatto sapere che «la proroga non è necessaria”» piuttosto servono «procedure snelle per consentire alle imprese di adempiere rapidamente alle misure adottate dal Governo. Perché – ha sottolineato la presidente Federica Brancaccio – la tutela della salute dei lavoratori è un obiettivo primario per l’Ance e per questo riteniamo fondamentale che si arrivi a una vera qualificazione del settore e la patente a crediti è un passo in questa direzione». E la ministra Marina Calderone ha ribadito ieri mattina che «la norma parla chiaro. Parte il primo ottobre e su questo siamo tutti quanti impegnati a fare al meglio il nostro lavoro dando alle aziende e ai lavoratori la possibilità di avere uno strumento importante». Prese di posizione che, alla fine, hanno determinato il ritiro degli emendamenti di rinvio.
Si riparte, dunque, con il programma fissato. E qui sta la questione decisiva: il decreto sulla patente a crediti è frutto di un serrato confronto tra il Governo e le parti sociali, anzitutto per qualificare, rendere più trasparente e appunto sicuro questo settore produttivo. E se anche per alcuni tecnici e osservatori il sistema elaborato risulta ancora troppo “generoso” nella concessione dei punti e “prudente” nella loro decurtazione in seguito a incidenti o ai rilievi delle ispezioni, è innegabile che lo strumento è stato molto affinato e rafforzato rispetto all’ipotesi iniziale. E perché possa essere ulteriormente perfezionato in futuro dev’essere testato e applicato da subito. Un rinvio invece veicolerebbe il messaggio sbagliato che quella della sicurezza sul lavoro non è un’emergenza. In un Paese come l’Italia, in cui si verificano oltre mezzo milione di infortuni sul lavoro all’anno, tre incidenti mortali al giorno – con il settore dell’edilizia a detenere il triste primato – non si può pensare di rinviare la difesa della vita e della salute delle persone. Non si può, da parte delle forze della maggioranza o di qualche esponente Pd, rendere meno cogente l’impegno del Governo e delle parti sociali.
Su tanti misfatti la politica si limita a proporre solo l’inasprimento delle pene o la previsione di nuove fattispecie di reato, senza intervenire sulle cause che li determinano e i contesti in cui avvengono. Rinviare o “ammorbidire” uno strumento di prevenzione assai prima che di repressione degli infortuni sul lavoro sarebbe non solo incoerente, ma anche incomprensibile e ingiustificabile.