
Stefania Mancini, presidente Assifero
«Spero che le parole della vice ministra Bellucci rappresentino una nuova stagione di collaborazione che sappia rispondere al diritto dei minori di poter guardare al futuro con pari opportunità». Stefania Mancini, presidente di Assifero, l’associazione italiana delle fondazioni ed enti filantropici, che rappresenta 175 fondazioni a carattere privato, quindi non bancario, legge con questo auspicio, il contributo della viceministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maria Teresa Bellucci, sul Fondo per il contrasto alla povertà educativa costituito nel 2016. Su Avvenire di giovedì, la rappresentante del Governo ha confermato l’intenzione di rifinanziare il Fondo, smentendo le voci che parlavano di un disimpegno, su questo dossier, da parte dell’esecutivo. Una buona notizia, soprattutto a fronte del «costante aumento», ricorda Mancini, della povertà educativa nel nostro Paese.
Dove vanno concentrate queste risorse?
La volontà del Governo di predisporre nuove risorse per contrastare la povertà educativa dovrebbe, a mio avviso, contemplare il rafforzamento della già valida innovazione attuata negli ultimi 7-8 anni attraverso il meccanismo creato con il Fondo, che ha una novità essenziale: provare a contrastare la povertà educativa minorile attraverso un sistema che guarda al minore e convoca intorno tutti gli attori che determinano un miglioramento e un benessere. Per questa ragione tutte le attività realizzate fino ad oggi hanno chiamato in gioco quella che definiamo la comunità educante. Ovvero, l’insieme di attori che, nei loro diversi ruoli, contribuiscono a lenire quella povertà e, comunque, a cercare di garantire la crescita, il benessere e i diritti del minore.
Com’è cambiata, negli ultimi anni, la povertà minorile in Italia?
Abbiamo visto che la povertà che dilaga in Italia, in maniera a volte stridente, a volte silente, è molto mutata negli ultimi dieci anni. Mentre prima le fasce più indigenti erano soprattutto quelle degli anziani, ora è il dato della povertà minorile veramente preoccupante: oltre 1,4 milioni di bambini vivono in povertà assoluta. Una condizione devastante. Vuol dire, per esempio, non mangiare sano, non accedere ai servizi sanitari, non avere le condizioni idonee per poter studiare, non fare vacanze. La condizione di povertà quando devasta la storia di una persona o di un nucleo familiare, porta con sé un senso di miseria, perché tende a “isolare” l’individuo e il nucleo. Per questo, per queste condizioni di isolamento, è necessario attivare tutta la comunità educante, per modificare l’ambiente circostante, immaginare percorsi di accompagnamento e strumenti che intercettino le singole fasi di supporto al minore e alla famiglia, ove il pubblico e il privato, presenti nel territorio e nel sistema, insieme, scendano in campo.
Come è coinvolta Assifero nel meccanismo del Fondo?
La povertà educativa è uno dei temi centrali del lavoro delle fondazioni ed enti filantropici del nostro Paese. Il nostro lavoro si articola in diversi territori, dove acceleriamo processi di apprendimento e cambiamento, capaci di attivare le realtà locali che possono contenere e prevenire la povertà educativa minorile, per poi incidere sulla più ampia strategia nazionale. In questi anni, tutti coloro che si sono messi in gioco, hanno dimostrato che là dove si parte dal basso, dove ci sono percorsi anche a carico delle fondazioni private che incidono profondamente nel coinvolgimento della comunità, un cambiamento è possibile. In questo, il Fondo é stato pensato molto bene. Perché é stata data la delega di attuare i programmi del Fondo all’impresa sociale “Con i bambini”, che ha messo in gioco le risorse finanziarie previste, chiedendo l’ausilio di esperti del settore, delle comunità attraverso la società civile organizzata, le scuole, le parrocchie, le organizzazioni del terzo settore.
Pochi giorni fa il presidente Mattarella, in visita a Caivano, ha esortato tutti a «dare un futuro a questi ragazzi»: come fare nel concreto?
Il futuro lo assicuriamo se decidiamo di assumere con profonda responsabilità il destino dei giovani, dei minori. Ciascuno facendo la propria parte. Poiché la povertà minorile condiziona uno status di povertà educativa minorile, la dimensione del fenomeno è profondamente complessa, ed è ovvio che un attore da solo non può portare la soluzione. E neanche strumenti a carattere isolato. Ci deve essere un sistema articolato capace di dare seguito a iniziative già messe in campo da molti anni, per portare sempre più minori a iniziare a sperare nel futuro, ad aver fiducia che il futuro possa essere un’opportunità anche per loro. Perché tutti i minori che sono nella fascia della povertà, sia assoluta che relativa, sono eredi di una povertà.
Che significa?
Che non troviamo, per esempio, una povertà minorile là dove i genitori hanno avuto delle condizioni migliori. Sicuramente siamo in presenza di un lento e continuo deterioramento delle condizioni economiche e sociali. Ma c’è anche un circolo vizioso di povertà che noi dobbiamo interrompere. Dando degli strumenti nuovi di accesso all’istruzione, riconoscendo il diritto all’educazione e rendendolo attuabile. Solo riconoscendo anche l’accesso alla cultura in senso più lato e tagliando il circolo vizioso della povertà, noi possiamo iniziare a parlare di futuro. Su questo il Presidente Mattarella è molto sensibile perché ha ricevuto in diverse occasioni molti dei rappresentanti degli attori che compongono le comunità educanti e quelle che cercano di contenere la povertà. Il Presidente ha sottolineato più volte questo messaggio perché la povertà non sta affatto diminuendo. Anzi, negli ultimi anni è in lento ma costante aumento.
Qual è, allora, l’appello alla politica?
Ricordarsi che il partenariato e la collaborazione tra pubblico e privato, ben rappresentato dalla gestione di questo Fondo, è una delle principali vie per la soluzione congiunta di problemi complessi. E insieme agire ispirandosi a quel principio di sussidiarietà che ha permesso negli anni di stimolare le competenze e le voci che a livello locale, dal basso, possono accogliere e accompagnare il disagio, per reintrodurre e ripristinare migliori condizioni e percorsi di speranza. Se vogliamo guardare all’Italia come Paese che rappresenti pienamente i valori su cui ci siamo “costituiti”, dobbiamo garantire un futuro ai giovani, attraverso il mantenimento del Fondo.