Il cantiere della Pedemontana veneta nell'area vicina a Breganze, nel Vicentino
Non c’è solo il ponte di Genova a dividere l’esecutivo gialloverde. Nel dossier delle Grandi Opere che il governo si appresta ad affrontare ci sono anche i cantieri già aperti di opere che devono essere completate o avviate. Oltre a Tav e Tap, il corridoio dell’alta velocità della Val di Susa e il gasdotto pugliese, c’è anche la Pedemontana, 94 chilometri dalla provincia di Vicenza a quella di Treviso che permetteranno di alleggerire l’A4, l’autostrada Torino-Venezia. Fino a ricongiungersi con la A28 che si inerpica lungo le Dolomiti bellunesi, portando le merci oltre confine.
Il Ministro dell’Interno Matteo Salvini e il Presidente della Regione del Veneto Luca Zaia giovedì, a Venezia, hanno firmato il nuovo Protocollo di Legalità per la realizzazione della Superstrada, attualmente la più grande infrastruttura in corso d’opera in Italia, con un costo complessivo pari a 2 miliardi 258 milioni, con 16 caselli e con una percentuale già cantierata del 50% circa. A ottobre, l’inaugurazione del primo tratto a cui seguirà una serie di altre 13 inaugurazioni una per ogni tratto funzionale da casello a casello. Fine lavori prevista per dicembre 2020. Salvini appoggia in pieno indicando il Veneto della compartecipazione pubblico privato come un modello per il post Genova.
È il cantiere più grande oggi aperto in Italia e si chiama Superstrada Pedemontana Veneta. Come tutte le grandi opere di casa nostra ha alle spalle una storia tribolata, ma ora ha anche la benedizione del vicepremier Matteo Salvini che due giorni fa a Venezia ha siglato il protocollo legalità per l’infrastruttura, resosi necessario dopo che la Giunta Zaia ha rivisto per la terza volta il contratto con il concessionario che la sta costruendo, l’associazione temporanea d’impresa Sis che fa capo a Matterino Dogliani. Non solo, in tempi di fratture nella compagine di governo proprio sulle grandi opere, il ministro dell’Interno ha indicato la Pedemontana Veneta come modello per tutto il Paese: «Suggerirò ai colleghi, con cui purtroppo da Ferragosto stiamo lavorando su altri dossier autostradali ahimè molto meno brillanti, il modello di compartecipazione positiva pubblico-privato sperimentato in Veneto. Credo che possa essere un modello anche a livello nazionale». Già perché, ha aggiunto Salvini, «non sono per le statalizzazioni, però neanche per i regali a scatola chiusa a qualcuno che pedaggi ne ha incassati ad abundantiam senza reinvestire in sicurezza e manutenzione come avrebbe dovuto e potuto. In medio stat virtus, né tutto pubblico, né tutto privato».
I numeri del nascituro asse viario li ha snocciolati lo stesso governatore veneto nella sontuosa sala della Scuola grande di San Rocco, la 'cappella sistina veneta' con sessanta tele di Tintoretto. I 94 chilometri e 577 metri di quella che sarà tutti gli effetti un’autostrada a pedaggio, attraversano 36 comuni nelle province di Vicenza e Treviso (da Montecchio Maggiore a Spresiano, innestandosi nell’A31 e nell’A27) e conterà 14 caselli. «L’autostrada che – dice Zaia – risolverà i problemi di mezzo Veneto», e in particolare della sua area economicamente più vivace, è cantierata al 50 per cento e costerà 2 miliardi e 258 milioni di euro: 670 milioni stanziati dallo Stato, 300 milioni dalla Regione. Il resto lo sborserà il consorzio Sis a cui, dal 1° gennaio 2021, quando l’opera sarà completa, toccherà la gestione e la manutenzione per i 39 anni a seguire. Ma al contrario di quanto avviene nelle concessioni di Autostrade per l’Italia, i pedaggi andranno alla Regione, che si impegna a versare un canone annuo a Dogliani, pari a 153 milioni di euro.
Ed è proprio qui che si scatenano gli attacchi più feroci all’opera. «Vi ha fatto venire il voltastomaco sapere quanto guadagnano i Benetton dalle autostrade? – chiede ironicamente il consigliere regionale M5s Jacopo Berti – Bene, preparatevi ad affrontare la dura realtà: chi gestirà la Pedemontana Veneta guadagnerà il doppio. Un utile del 47 per cento garantito dai contratti stipulati con la Regione Veneto e senza alcun rischio imprenditoriale. Parliamo di 5,7 miliardi di euro, una cifra immorale». Di «pericoloso azzardo per le casse pubbliche» parla anche il Pd Veneto, che si chiede se Salvini, prima di firmare il protocollo, abbia letto le criticità espresse dalla Corte dei conti e dall’Anac di Raffaele Cantone.
Il timore che i flussi di traffico calcolati non bastino a pagare il canone annuo è condiviso anche da Massimo Follesa, architetto e portavoce del Comitato Veneto Pedemontana alternativa, impegnato dal 2000 per un’opera diversa: ridotta nelle dimensioni, che considerasse solo il tratto tra i due tronchi autostradali e soprattutto gratuita per i cittadini. Per Follesa, i profili di criticità non si contano e hanno portato a vari esposti in procura che potrebbero generare un nuovo caso Mose. «Sul piano ambientale, abbiamo una strada che per 70 chilometri corre nove metri sotto il piano campagna, in un territorio di risorgive. Di fatto è una diga, il rischio allagamenti sarà all’ordine del giorno. Dal punti di vista legale poi, va ricordato che non è mai stata verificata l’ottemperanza del cantiere in atto allo studio prodotto dalla commissione nazionale per la Valutazione dell’impatto ambientale. Senza dimenticare che la Pedemontana ha già avuto il suo 'ponte Morandi': tre anni fa, il crollo della galleria di Malo ha portato alla morte di un operaio». Il sito è ancora sotto sequestro da parte della magistratura, fattore che, come ammesso dallo stesso Dogliani, mette in dubbio il rispetto dei tempi di consegna.