venerdì 11 novembre 2011
Il Senato approva la legge di Stabilità: ora alla Camera. Monti a Palazzo Madama. Il presidente della Repubblica: «Entro breve tempo o si formerà un nuovo governo che possa avere la fiducia del Parlamento o si scioglieranno le Camere».
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"Si tornerà alle urne", afferma Silvio Berlusconi. Ma mentre i pessimi segnali arrivati dai mercati inducono ad accelerare il percorso del ddl stabilità (la presidenza della Camera proporrà che si arrivi a un'approvazione definitiva entro domenica), si ingrossano nella maggioranza le fila del "non voto". E c'è chi lavora alacremente alla nascita di uno, o anche due, nuovi gruppi parlamentari, che possano andare a sostenere un governo di larghe intese, anche nel caso Pdl e Lega fossero contrari.

Intanto, interviene con una nota il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: "Entro breve tempo o siformerà un nuovo governo che possa" avere "la fiducia del Parlamento" o "si scioglieranno" le Camere per "una campagna elettorale da svolgere entro i tempi più ristretti". Ma, il presidente rassicura Ue e mercati, "sono del tutto infondati i timori di un prolungato periodo di inattività governativa". E "non esiste alcuna incertezza" sulle dimissioni di Berlusconi.

In Parlamento, in queste ore, emerge intanto dalle fila della maggioranza il partito del "non voto". Sarebbero già otto i deputati ('scontentì pidiellini e del gruppo Misto), pronti a formare, entro la settimana o al massimo all'inizio della prossima, una nuova compagine parlamentare, magari con il sostegno del Terzo polo (a loro si aggiungerebbero i deputati di Api, Mpa, Libdem, attualmente al Misto). Ma l'ipotesi di un altro gruppo autonomo, formato solo da pidiellini, sarebbe in contemporanea al vaglio anche di altri parlamentari Pdl, tra cui alcuni vicini a Claudio Scajola. Mentre al Senato, Beppe Pisanu sta lavorando a un documento, con le firme di un gruppo di senatori pidiellini, per dire un no chiaro alle elezioni.   Dalla maggioranza, ad ogni modo, sempre più voci si alzano contro l'ipotesi del voto. Da Claudio Scajola e i parlamentari a lui vicini, a Gianfranco Miccichè e i 7 deputati di Grande Sud. Da Giuliano Cazzola a Roberto Formigoni. Ma non solo. Si schierano contro un ritorno alle urne anche tutti i partiti di opposizione (inclusi i Radicali), tranne Antonio Di Pietro, che però non si opporrebbe a un governo breve per le riforme.   

Ma, forte anche del no al voto della Lega, non recede Silvio Berlusconi. Che, amareggiato da chi organizza l'area di sostegno al governo tecnico, si ancora a chi, tra i suoi ministri e deputati, è favorevole a un ritorno subito alle urne. Anche se una apertura arriva da un fedelissimo del premier, il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, che non esclude, in alternativa alle elezioni, un governo di emergenza nazionale "ampiamente condiviso". 

Lanciano nel frattempo l'allarme le forze sociali. Siamo "nel baratro", dice la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. "Bisogna agire ad ore. Non ci meritiamo di finire come la Grecià"

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