sabato 7 novembre 2009
Pierluigi Bersani eletto ufficialmente segretario del partito dall’Assemblea costituente. Nel discorso ai suoi il neo-leader definisce nuovi ruoli e linee: «La crisi non è alle spalle, daremo priorità al lavoro». Poi l'apertura alle altre forze dell'opposizione: «Non vogliamo essere piccoli, non possiamo restare inchiodati al passato».
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Pierluigi Bersani riceve l’incoronazione dall’Assemblea costituente a segretario del Pd, e definisce ruoli e linee del suo partito. La frattura con la "cosa" rutelliana si consuma, con una perdita di "pezzi" indefinita, considerata dolorosa, ma non traumatica dai vertici democratici, che hanno visto anche la fuoriuscita di Massimo Calearo, l’imprenditore veneto veltroniano doc, che avrebbe dovuto ricucire il distacco con il nord produttivo. Francesco Rutelli aspetta, annuncia che non sarà il leader del soggetto nascente, e conta le adesioni, per ora in arrivo soprattutto dall’Italia dei valori. L’ex segretario dl sa che tanto malumore si annida tra gli ex popolari del Pd. Ma Bersani mostra a tutti il suo «bambino nuovo», il «partito davvero alternativo», come lo ha definito durante l'assemblea, che si rifiuta di «condannarsi ad essere piccolo», apre alle altre forze d'opposizione, che rimane critico con il governo per le misure adottate contro la crisi («che non è alle nostre spalle» e si pone come priorità l'attenzione al lavoro. Quel partito che oggi vede la luce nell’assemblea costituente, sempre alla Nuova fiera di Roma, e la cui forma segnerà una discontinuità con il passato. Non un partito fluido, ma piuttosto ben strutturato. Con un suo presidente, Rosy Bindi (che non lascerà la vicepresidenza della Camera), un vice segretario, Enrico Letta (ma guai a definirlo ticket, parola che a Bersani fa venire l’orticaria), un nuovo tesoriere, Antonio Misiani (al posto del veltroniano Mauro Agostini), e con i rappresentanti delle due mozioni sconfitte bene in vista. Quasi certa l’elezione di Dario Franceschini capogruppo, sebbene in un secondo momento. Nessun ruolo, invece, per Ignazio Marino, che siederà nella Direzione, ma che ha rifiutato nuovi incarichi. Ieri sia Franceschini che Marino hanno messo a punto le rispettive truppe da piazzare nell’organismo dirigente di 120 rappresentanti.L’intenzione del segretario è di raggiungere una pace interna, per evitare la riedizione dei conflitti dell’era-Veltroni. E ieri Bersani ha anticipato a Massimo D’Alema le linee del mandato, assicurando all’ex premier ds l’impegno del partito per la nomina a ministro degli esteri dell’Ue. D’Alema darà una mano per le inevitabili mediazioni interne. Specie con quegli ex popolari, in cerca di spazi (Beppe Fioroni in cerca di un ruolo chiave), per non sentirsi schiacciati dagli ex ds, ma anche incuriositi dai progetti rutelliani. Prova a frenarli Franco Marini: «Bersani ha un passo da montanaro, io che sono un alpino lo apprezzo moltissimo». Oggi, insomma, vengono al pettine gli umori e la voglia di andare avanti, con il segretario che ha vinto le primarie tra gli iscritti e tra gli elettori, deciso a non lasciarsi scoraggiare dalle perdite delle ultime ore. Per un Calearo in partenza, un Colaninno pronto a collaborare. Chi invece non si volta indietro è il presidente del Copasir: «Francesco Rutelli vuole dare un contributo a un nuovo partito, che dia un nuovo senso alle parole centro, governo, istituzione e bene comune, oltre le secche del bipolarismo», conferma Lorenzo Dellai.
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