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Questa è la storia di una di quelle madri che, chiamate a scegliere, hanno messo la vita del figlio che portavano in grembo davanti alla propria. La storia di Patrizia, 34 anni, che al quinto mese di gravidanza si è vista diagnosticare un cancro al seno. La scoperta, per caso, di un nodulo, la biopsia, infine la temuta diagnosi. Inizia così quel percorso che lei definisce 'particolare'. «Ho dovuto scegliere – racconta la donna –, perché portando avanti la gravidanza avrei ritardato le mie cure». E Patrizia sceglie prima di far nascere suo figlio, rinviando l’intervento. Solo dopo avrebbe pensato a sé.
Quando sa del tumore, la prima cosa che fa è dire al suo fidanzato di sentirsi libero di andare via. Lui invece non solo resta, ma le chiede di sposarlo. Diventeranno marito e moglie poco prima che il loro Federico venga alla luce. A questo punto c’è da concordare la terapia con i medici. Dal momento della diagnosi, la donna è seguita dalla Breast Unit dell’ospedale Cardarelli di Napoli, dall’équipe di Ferdinando Riccardi, direttore di Oncologia, e da Claudio Santangelo, direttore di Ostetricia e Ginecologia. Va valutato il percorso da compiere prima dell’intervento chirurgico. C’è da tener conto della gravidanza: bisogna consentire a Patrizia di raggiungere un’età gestazionale adeguata al parto.
«Ogni anno – spiega il professore Riccardi –, alla Breast Unit del Cardarelli sono trattati 300 nuovi casi di donne affette da tumore al seno. La nostra unità è seconda per numero di casi in Campania. Abbiamo pazienti con un’età che va dai 25 agli 85 anni. Per alcune, come nel caso di Patrizia, si può intervenire prima. I dati indicano una percentuale del 40 per cento di casi in cui il tumore viene completamente distrutto dalla terapia preoperatoria, ma solo l’intervento ci può dare una conferma». Riccardi ha trattato precedentemente molti casi di tumori al seno simili a quello della donna, ma in questo caso c’è da preservare anche la vita del bambino. Il professore pianifica le cure con il collega Santangelo e concorda i tempi con la propria paziente. A quel punto può iniziare la terapia.
La prima chemio viene somministrata a Patrizia il 18 giugno del 2019. «C’era la possibilità di perdere i capelli già tra la prima e la seconda chemio fissata per il 9 luglio – sottolinea – fortunatamente non è stato così, non sono mai diventata calva. Avevo molta paura di questo». Grazie alle cure ricevute, Federico è nato a settembre. Quando nasce il piccolo Patrizia, che ha già terminato quattro cicli di chemioterapia, può finalmente farsi operare.
«Quando ho sentito piangere mio figlio – racconta la giovane mamma – ho chiesto ai dottori come stesse. Alla risposta positiva ho detto: 'Ora fate quello che dovete'. La gioia di sentire piangere mio figlio è stata indescrivibile ». A gennaio di quest’anno, Patrizia si è finalmente sottoposta all’intervento a lungo rimandato. Ora è alle prese con l’ultima chemio e ha iniziato la radioterapia. «Mi sento piena di energie» dice, ed è proprio quell’energia e la voglia di vivere che emerge dalle sue parole. «Sono stata forte, sapevo di dover stare bene per mio figlio, per prendermi cura di lui – conclude –. Credo che sia stato questo a darmi la grazia di affrontare una situazione che, fino a quando non la vivi in prima persona, non capisci cos’è fino in fondo. Devo molto ai medici, alla loro professiona-lità, all’umanità con la quale sono stata accolta e all’organizzazione messa in campo dalla direzione generale del Cardarelli».