Da qualsiasi angolo visuale le legga, Arturo Parisi - deputato Pd, ex ministro, politologo, padre dell’Ulivo e delle primarie in Italia - vede nel primo round un dato che schiaccia tutti gli altri: «Il Partito democratico ha intercettato un elettorato nuovo. Ma se Renzi non vincerà sarà difficile capitalizzarlo».
Professore, già vede la polvere sotto il tappeto?Quando mai! Il giudizio sulle primarie è positivo senza alcuna esitazione. Innanzitutto per la partecipazione, che vale oggi il doppio se si considera che siamo in una stagione politica e sociale intestata al riflusso e alla contestazione.
Vede dei nodi politici irrisolti?Il fatto che si sia andati al ballottaggio certifica che l’appello sintetizzato in quel "Tutti per Bersani" che chiedeva di rinserrare le fila intorno al segretario è stato poi rifiutato da una parte assai consistente del Pd. Anche se, come ha ricordato Renzi, la quasi totalità della classe dirigente sta con il segretario, una parte grandissima del nostro elettorato non ha risposto all’appello, preferendo il cambiamento a quello che Bersani ama chiamare l’"usato sicuro". E così hanno fatto tantissimi amministratori locali, a partire dal presidente Anci Graziano Delrio. Questo grazie all’ispirazione di Renzi che fa appello alla persona e alla comunità, mentre Pier Luigi preferisce far leva sul "collettivo" e sull’azione dello Stato centrale. Pur partendo da un denominatore comune, dietro ci sono sia due idee diverse di democrazia sia due prospettive diverse per il Pd.
Dove porta questo ragionamento?La proposta di Renzi si rivolge a tutti, senza delegare ad altri il compito di parlare ai moderati e raccogliere il loro consenso. Una proposta avanzata prima delle urne, non dopo. Non si può definire una novità, ma semplicemente il ritorno al progetto originario del Pd come partito nuovo, e partito per tutti. Non il partito dei soli progressisti che delega a Casini il voto moderato con la promessa di accordarsi dopo.
Nel caso in cui Bersani vinca non saprà farsi carico della dote portata da Renzi?Per uno in campo a nome della "ditta", in nome di una storia e di una precisa identità è certo più difficile raccogliere i milioni di voti potenziali che ha intercettato Matteo Renzi.
Crede che questo potenziale andrà disperso per via dell’accordo con Vendola per superare il ballottaggio?Io penso che Renzi e Vendola siano certamente diversi nella proposta, ma competono per lo stesso elettorato accomunato dalla domanda di cambiamento. Non è un caso che dove l’uno domina l’altro annaspa. Prima che a Vendola, Renzi è alternativo alla vecchia linea Pd.
Questa "vecchia linea" incarnata Bersani vince soprattutto a Sud, anche nella sua Sardegna. Colpa di Renzi o merito di apparati più oleati?Stando a Bersani sarebbe la maggiore sofferenza che ha indirizzato verso di lui il Meridione. Magari fosse così... Io invece credo che, come al solito, il cambiamento arrivi al Sud con un po’ di ritardo. Chissà che questa volta il ritardo non sia di una sola settimana...
Per il secondo turno già impazza la battaglia per le regole. Lei che ne pensa?Io so che le rigide regole iniziali sono state travolte giorno dopo giorno sino all’irruzione degli elettori nei seggi. Adesso mi aspetto un altro gesto di buon senso: aprano il ballottaggio a tutti, consentano ancora di registrarsi senza costringere nessuno ad autocertificare malattie inesistenti o cause di forza maggiore che avrebbero impedito di partecipare al primo turno. Completino il lavoro e siano lungimiranti, non si oppongono all’onda benefica della partecipazione...
Insomma, lei al secondo turno non ha dubbi...Come al primo turno voterò di nuovo Renzi. Questo è il tempo del cambiamento, non dell’usato sicuro...