«Assolto perché il fatto non costituisce reato», così la Cassazione ha del tutto prosciolto Fabio Carlino dall'accusa di aver provocato, con la vendita di cocaina purissima, la morte per overdose del ciclista Marco Pantani insieme ai pusher Fabio Miradossa e Ciro Veneruso. Carlino, in primo e secondo grado, era stato condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione oltre a 19 mila euro di multa e al risarcimento pari a 300 mila euro in favore dei famigliari del 'Pirata'. Ieri nella sua requisitoria, il sostituto procuratore generale della Cassazione Oscar Cedrangolo aveva mosso molte perplessità ai verdetti di merito dicendo di «aver avuto la sensazione che la spettacolarizzazione data dai media alla morte di Pantani, abbia spinto i giudici di merito ad una eccessiva attribuzione di responsabilità» nei confronti degli indagati. Cedrangolo aveva pertanto chiesto l'annullamento senza rinvio della parte più pesante della condanna di Carlino relativa all'accusa di omicidio come conseguenza di altro reato, e aveva invece chiesto la conferma della condanna per lo spaccio. Cedrangolo, comunque, aveva messo in evidenza la mancanza di prove a carico di Carlino rilevando che non aveva comunicato a Miradossa e Veneruso il domicilio di Pantani ed inoltre non sapeva che il campione di ciclismo da poco e per un pelo era stato salvato da un'altra overdose.Con questa decisione che proscioglie Fabio Carlino da ogni accusa, la Cassazione dimostra di essere totalmente slegata dalla emotività dalla quale sono spesso assaliti i giudici di merito e ha emesso un verdetto più equilibrato che conclude la triste vicenda della morte di Marco Pantani". Così fonti dello studio del penalista Alessandro Gamberini, che ha difeso in Cassazione Carlino, commentano la decisione della Suprema Corte.