Vaccinazioni in Africa di un medico della ong Oxfam - Foto John Wessels/Oxfam
Tante belle promesse, ma ben pochi fatti. I Paesi ricchi finora hanno donato ai Paesi in via di sviluppo appena 261 milioni di vaccini Covid, a dispetto degli 1,8 miliardi di dosi promesse. Le aziende farmaceutiche, che detengono i brevetti dei vaccini, dal canto loro, hanno destinato solo il 12% delle dosi assegnate al Covax, l’iniziativa voluta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) per garantire, nei Paesi a basso-medio reddito, l’accesso a quello che attualmente resta il principale strumento per sconfiggere la pandemia.
È l’allarme lanciato oggi da Oxfam, Emergency, Amnesty International e Unaids, membri della People’s Vaccine Alliance (Pva), con il rapporto «Una dose di realtà», a una settimana dal G20 dei leader di Governo che avrà, tra i temi centrali in agenda, proprio l’accesso globale ai vaccini. Unione Europea, Germania e Regno Unito continuano infatti a rifiutarsi di sostenere la proposta di India, Sudafrica e oltre 100 nazioni per la sospensione dei brevetti su vaccini Covid, mentre l’Italia mantiene una posizione ambigua. Nel frattempo, i colossi farmaceutici non condividono con l’OMS le tecnologie e il know-how indispensabili per consentire la produzione nei Paesi in via di sviluppo del numero di dosi necessarie a salvare migliaia di vite.
Il sistema di donazione dei vaccini sta dimostrando nei numeri tutta la sua tragica inefficacia, nel garantire l’immunizzazione della popolazione nei Paesi a basso-medio reddito. Il grave divario tra quanto promesso e quanto effettivamente messo a disposizione - sostiene la Pva - è responsabilità diretta di tutti i paesi ricchi. Secondo l'alleanza anti-Covid delle ong, le aziende farmaceutiche sono le principali responsabili dell’estrema inefficacia dell’iniziativa Covax, non essendosi impegnate fin dall’inizio a mettere a disposizione dosi sufficienti e avendone poi fornite in quantità inferiori a quelle promesse. Dei 994 milioni di dosi promesse a Covax da Johnson & Johnson, Moderna, Oxford/AstraZeneca e Pfizer/BioNTech, solo 120 milioni (il 12%) sono state effettivamente erogate, ovvero 15 volte meno degli 1,8 miliardi di dosi arrivate ai paesi ricchi. Johnson & Johnson e Moderna non hanno consegnato neppure una delle fiale promesse.
All’Assemblea generale delle Nazioni Unite di settembre, il presidente USA Joe Biden ha raccolto molti consensi attorno all’obiettivo di vaccinare il 70% della popolazione di ogni Paese entro settembre 2022. Anche se si tratta di un obiietivo giustamente ambizioso, la People’s Vaccine Alliance sottolinea che andrebbe raggiunto molto più rapidamente per contenere contagi, morti e la possibilità che nuove varianti si diffondano, e denuncia che non esiste un piano concreto per realizzarlo. L’Oms ha stabilito come priorità che i Paesi in via di sviluppo riescano a vaccinare il 40% della propria popolazione entro la fine di quest’anno, un obbiettivo già irrealistico visto che mancano solo due mesi, e in più i Paesi ricchi non si attivano, riuscendo alla fine a consegnare solo un numero di dosi inadeguate, entro una data non meglio precisata del 2022.
Le ong dunque chiedono ai leader del G20 di sospendere i diritti di proprietà intellettuale sui vaccini anti-Covid; investire per decentralizzare la produzione mondiale; redistribuire immediatamente e in modo equo i vaccini esistenti per raggiungere l'obiettivo dell'Oms del 40% della popolazione mondiale vaccinata entro il 2021 e il 70% entro il 2022.