Lezioni, seminari, laboratori, attività di orientamento per i detenuti che vogliono investire il proprio tempo nello studio e, perché no, conseguire anche una laurea. L’Università di Palermo varca le sbarre di Pagliarelli e offre alla popolazione carceraria un’ampia proposta culturale, che nell’arco di un anno porterà all’istituzione di interi corsi di laurea. La presentazione dell’iniziativa l’altro giorno con il ministro della Giustizia Angelino Alfano, nella sala teatro della casa circondariale, che in questo momento ospita circa 1.300 detenuti, di cui una decina già laureati e moltissimi diplomati. In prima fila la direttrice del carcere, Laura Brancato, il rettore dell’Ateneo di Palermo, Roberto Lagalla, i presidi di alcune facoltà, il provveditore dell’amministrazione penitenziaria della Sicilia, Orazio Faramo, e il vicecapo del Dap, Santi Consolo. Un’occasione per affrontare il tema caldo del sovraffollamento delle carceri e prospettare alcuni rimedi. L’emergenza è stata lanciata dal sindacato delle guardie carcerarie che denunciano anche che un terzo dei reclusi non è di origine italiana. «Stiamo ottenendo dall’Europa - risponde Alfano - che i detenuti stranieri vadano a scontare i residui di pena nei Paesi d’origine, altrimenti ci diano almeno i soldi per costruire nuove carceri. Ma stiamo anche puntando molto sulle occasioni di lavoro e di studio in carcere, perché si riducano i casi di recidiva e diminuisca in questo modo il numero dei detenuti. Lo studio e il lavoro sono disincentivi al crimine». Alfano afferma, infatti, che solo il 10 per cento dei carcerati che lavorano durante la reclusione torna a delinquere.Il protocollo d’intesa di durata triennale, firmato tra il carcere di Pagliarelli e l’Università di Palermo va proprio in questa direzione. Il carcere, dove già adesso si sostengono esami grazie a commissioni "in trasferta", diventerà sede stabile di corsi di laurea individuati sulla base delle esigenze formative dei detenuti. «Le attività comprenderanno anche momenti di orientamento, di consulenza, di tutorato, progetti formativi e culturali - dice il rettore Roberto Lagalla - e tutto ciò che possa servire alla crescita e alla reintegrazione sociale dei detenuti». Aggiunge Laura Brancato: «La legge considera il lavoro, l’istruzione, le attività culturali, ricreative e sportive elementi rieducativi del trattamento dei detenuti»