Ozlem Onder, 24 anni, dalla Turchia è dovuta scappare a 6 anni insieme a mamma e 4 fratelli. Il padre, incarcerato e torturato (gli Onder sono curdi) e di cui per lungo periodo non si ebbero notizie, è riuscito a raggiungerli a Milano solo 10 anni dopo.
Nel frattempo la mamma aveva cresciuto i figli: «Con l’asilo politico fummo ospitati prima in un centro della cooperativa Farsi Prossimo e poi dalla parrocchia di Santa Francesca Romana». Gli ultimi 18 anni di Ozlem sono trascorsi a scuola sotto la Madonnina, fino a Scienze politiche all’università. Intanto lavori come commessa, baby sitter e traduttrice, oltre al volontariato per aiutare i profughi transitanti per Milano.
«Diciotto anni – sospira – bastano per diventare maggiorenni, ma non per essere riconosciuta italiana». Proprio dalle origini curde Ozlem ha imparato che le identità sono sfaccettate e si possono vivere più appartenenze: «È chiaro che, dopo una vita qui, sono italiana; questo non vuol dire che non segua con partecipazione le vicende dei curdi».
La beffa è che sulla carta la ragazza è rimasta l’unica straniera di famiglia: «Mia madre ha fatto domanda quando ha raggiunto i requisiti: la risposta però è arrivata ad agosto e io a luglio ero diventata maggiorenne...». Dunque italiani la madre e i fratelli minorenni, straniera lei. Anche Ozlem ha presentato domanda appena possibile alla Prefettura di Milano; ma sono passati 5 anni e, come spesso succede, non è ancora arrivata risposta. Sono i tempi tecnici dello stesso Stato che diventa inflessibile per un mese mancante agli «italiani senza cittadinanza»