Moni Ovadia (Ansa)
«Quando in Italia si aggredisce una donna di 90 anni che dà l’opportunità a questo Paese di ritrovare dignità e onore, di cosa possiamo più stupirci?». Moni Ovadia, uomo di teatro e scrittore, nato in Bulgaria da famiglia ebraico-sefardita, risponde così allo stupore di Liliana Segre («pensavo che contrastare l’odio dovesse mettere d’accordo tutti, mi sembrava un discorso quasi banale») di fronte ai 98 senatori contrari a una commissione su "intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio".
Ha un senso distinguere l’antisemitismo dalle altre forme di intolleranza?
Forse basterebbe parlare di "ogni istigazione all’odio", ma l’antisemitismo è un razzismo particolare, attiene a questioni molto profonde che riguardano la società occidentale, che qui fa bancarotta fraudolenta: l’origine della spiritualità monoteista è ebraica, e allora perché questo odio? Quando i nazisti occuparono l’Austria ammazzarono tutti gli animali domestici che appartenevano agli ebrei: cosa c’è che scatena un delirio del genere? Cosa induce a deportare non dico i bambini, che rappresentano il futuro, ma i vecchi negli ospedali con i sondini attaccati, che sarebbero morti a breve? C’è qualcosa di fantasmatico e terrificante. E lo dice uno come me che vorrebbe cambiare il Giorno della Memoria con i Giorni delle Memorie. Ma la Shoah ha uno specifico insidioso tutto suo: il musulmano è odiato in quanto povero, quando arrivano gli sceicchi va tutto bene, invece il ricco ebreo è odiato come autentico demonio.
Nella ferocia di molte dichiarazioni e nei comportamenti, oggi assistiamo a un rigurgito di fascismi e totalitarismi in generale, l’odio è dappertutto. Come abbiamo potuto perdere gli anticorpi contro la disumanità?
Il web è pieno di odiatori, vigliacchi che scaricano le loro frustrazioni contro il prossimo. Ma a monte abbiamo un problema, l’Italia non ha mai fatto i conti con il fascismo, si è arroccata sul falso mito degli italiani brava gente, dimenticando i 135mila civili sterminati con i gas in Etiopia, le stragi in Cirenaica o nella ex Jugoslavia durante la II guerra. Questa Italia vive di retorica e falsa coscienza perché si autoassolve: c’è un’altra immane tragedia che rispetto e onoro profondamente, quella delle Foibe e dell’esilio di istriani e dalmati, i quali però non meritano la gazzarra vergognosa dei filofascisti, visto che a scatenare il loro dramma fu la guerra nazifascista.
Liliana Segre chiede di abolire le parole d’odio: lei sa cosa succede quando dalle parole si passa ai fatti, sulla sua pelle è tatuato il numero 75.190.
Nei comizi Hitler urlava "Juden", poi c’è stata gente che ha ucciso ebrei perché pensava che fosse normale. Non si può minimizzare, oggi i talk show sono gravemente dannosi perché aizzano il peggio del peggio, invitano gli urlatori per fare ascolti e la gente crede di informarsi là. In una società in cui conta solo il denaro precipiteremo verso un abisso tale che le minacce alla Segre sembreranno niente.
Ma si possono proibire, le parole? Soprattutto serve?
Io non direi che è giusto proibire, ma mi piacerebbe se di fronte a un politico che sbraita odio gli altri si alzassero e se ne andassero. Bisogna fare educazione civica, insegnare che l’odio fomenta il male e l’infelicità, tornare a fare pedagogia, la censura non serve. Occorre una rivoluzione culturale, una Costituzione europea che almeno in Parlamento, alla tivù e nelle istituzioni espella immediatamente l’odiatore. Salvini risponde che anche lui riceve minacce? Ma lui è maestro di linguaggio violento, non è la signora Segre. Questo Paese si dichiara cristiano, e il cristianesimo ha insegnato agli altri monoteismi la mansuetudine e il perdono. Il primo compito del cristiano è la giustizia e Gesù annuncia «ciò che fai allo straniero lo fai a me». Ma Salvini dei rom italiani, persone!,dice «questi purtroppo ce li dobbiamo tenere», parole che tornano sul Golgota a picchiare i chiodi nella croce. Io che sono ateo dico che il buon Dio ogni tanto si sveglia, se ci ha mandato un uomo come papa Francesco.