mercoledì 26 giugno 2019
La cannabis a 12 anni, poi la cocaina, le siringhe a 14... La fuga da una comunità, la vita da senza dimora tra spaccio e furti. Ora si è diplomata e pensa all'università
Nicoletta abbraccia un'amica dopo l’orale di maturità, che ha sostenuto ieri. Si iscriverà all’università di Roma, dopo 3 anni e mezzo a San Patrignano

Nicoletta abbraccia un'amica dopo l’orale di maturità, che ha sostenuto ieri. Si iscriverà all’università di Roma, dopo 3 anni e mezzo a San Patrignano

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A14 anni Nicoletta – che ha gli occhi color del cielo ancora umidi di pianto – si faceva già di eroina. Oggi, qualche minuto dopo aver superato brillantemente il suo orale di maturità, è un fiume in piena di emozioni e progetti: «Perché per la prima volta guardo nel mio futuro, e sono così spaventata e così felice».

Tutte le ferite dell’adolescenza risucchiata dalla droga Nicoletta le porta addosso. «Pesavo 40 chili quando sono arrivata a San Patrignano – racconta –, mi avevano preso per i capelli dopo l’ennesimo collasso». La cannabis tutti i giorni a 12 anni, la cocaina a 13, le prime siringhe a 14, poi la fuga da una comunità per minori e la vita da senza dimora tra le Marche e l’Emilia Romagna, con la droga come unico obiettivo e la disponibilità a tutto per acquistarla: spaccio, truffe, furti.

«Mi sono sempre sentita sperduta, un pesce fuor d’acqua. E in questo non-senso l’unica posto dove mi sentivo qualcuno era la scuola» racconta, ricordando le medie e poi le superiori ad Osimo, dove è cresciuta. «A volte, quando ormai avevo già cominciato a farmi, mi presentavo senza libri e senza giustificazioni. E il vicepreside, che mi voleva bene, mi prendeva, mi permetteva di stare seduta al mio banco». Finché a prenderla non sono stati i Servizi sociali: «Sono stata in una comunità fino a 18 anni, poi me ne sono andata. Era un altro fallimento, mi vergognavo, e così ho cominciato a vivere solo per la droga, per i rave party».

La madre tenta di salvarla ancora, dopo un primo collasso da overdose: Nicoletta viene mandata in una clinica in Moldavia (il Paese da cui viene la sua mamma) a disintossicarsi. «Ma il giorno stesso che sono uscita ho cercato l’eroina, e ho avuto un altro collasso. Lì ho avuto per la prima volta paura anche io. Sono finita in un Sert, ad Ancona, ma le cose non andavano. Poi un giorno, lì, ho incontrato per caso il signor Augusto, che mi ha parlato, mi ha ascoltato». Augusto è un papà di San Patrignano, suo figlio ha ricominciato a vivere lì. Dice a Nicoletta di bussare a quella porta: «Sono entrata 3 anni e mezzo fa, oggi mi sono diplomata». Con lei altri 27 ragazzi della comunità di Coriano, in cui è possibile studiare in distaccamento. «In qualche modo posso dire che è stata proprio la scuola a salvarmi, questo interesse nello studio e nel conoscere le cose mi ha sempre dato una ragione che non trovavo in altro. In comunità mi hanno permesso di assecondarlo». Nicoletta ha deciso di iscriversi all’università, a Roma: «Parlo bene le lingue, voglio diventare un’interprete. Il futuro mi fa paura, ma voglio buttarmici dentro».

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