mercoledì 27 novembre 2024
Secondo il Cnca c'è lo spazio per far uscire dal carcere queste persone con le misure alternative. "Si applichi pienamente la norma". Il nodo irrisolto delle persone tossicodipendenti in cella
«Nelle comunità 220 posti per detenuti con dipendenze patologiche»

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Sono i «vuoti a prendere», come li definisce il Coordinamento delle comunità di accoglienza (Cnca), i detenuti tossicodipendenti. E il loro affidamento in prova in comunità è in calo, mentre il sovraffollamento carcerario aumenta. Così ieri alla Camera. E se proprio nelle comunità terapeutiche residenziali del Cnca ci sono 400 persone con problemi di dipendenza patologica in misura alternativa alla detenzione, quasi altrettanti posti sarebbero a disposizione nelle comunità della rete sparse per l’Italia. E potrebbero subito accedere alla misura 220 detenuti, è stato spiegato ieri in conferenza stampa a Montecitorio proprio dal Cnca.

A proposito, nell’ultima relazione al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia, si racconta come al 31 dicembre scorso fossero presenti negli istituti di pena 17.405 detenuti tossicodipendenti, cioè il 29% della popolazione carceraria totale (60.166).

Le comunità accreditate,­ ha detto la presidente Cnca, Caterina Pozzi, «offrono servizi riconosciuti e approvati dalle normative regionali, possono alleggerire il carico nelle carceri». Non solo, ma «lavorano nei territori da decenni, in collaborazione coi servizi pubblici locali per le dipendenze, i servizi sociali dei Comuni e gli enti di formazione, per garantire percorsi di reinserimento sociale e lavorativo alle persone con problemi di dipendenza anche provenienti dalla detenzione».

Eppure, sono pochissime le persone che accedono alle misure alternative, sebbene previste dalla Legge. Perciò Sonia Caronni, sempre Cnca, ha chiesto «la piena applicazione delle norme vigenti per le pene alternative sia per persone con dipendenze, sia per detenuti che non possono fare ritorno a un domicilio».

E perciò Riccardo de Facci ha spiegato quanto sia necessaria «una maggiore collaborazione con la magistratura di sorveglianza, per garantire l’avvio dei percorsi alternativi alla detenzione, un potenziamento dei servizi pubblici e alcune soluzioni innovative del privato sociale negli istituti di pena», che sono «finalizzate a garantire una migliore assistenza dedicata alle persone con fragilità di salute e la progettazione di percorsi alternativi alla detenzione».

Nel frattempo, soltanto il 7% degli assistiti detenuti con problematiche legate all’uso di sostanze viene inserito in comunità terapeutiche come misura alternativa al carcere. Nel 2023, le persone alcol/tossicodipendenti in carico agli “Uffici di esecuzione penale esterna” per misure alternative sono state 6.270 e la maggior parte (47%)_proveniva da uno stato di detenzione, invece il 20% erano persone in misura provvisoria di detenzione e solo il 23% si trovava in stato di libertà.

Insomma, ha concluso il Cnca, ribadendo che malgrado sia evidente lo stato di cronica emergenza delle carceri italiane, con tasso di sovraffollamento medio del 120% l’applicazione della misura alternativa alla detenzione per persone alcol/tossicodipendenti continua a essere in calo rispetto agli scorsi anni.

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