Una pista ciclabile - Reuters
Nell’anno più bollente del pianeta, succede anche che a volte la lotta alla crisi climatica può essere più efficace se mette al centro i territori, le comunità locali, le città. Alla Cop28 di Dubai, per la prima volta, si sono portati i bisogni locali e le voci dei sindaci nel cuore dei negoziati, grazie al primo “Local Climate Action Summit” che si è tenuto nel quadro del Summit dei Leader mondiali durante i primi giorni della Cop. Nell’ambito della rete C40 Cities, il 75 per cento delle nostre città sta riducendo le emissioni pro capita più velocemente dei rispettivi governi. Dai rifiuti alla natura urbana, dalle piste ciclabili alla piantumazione di verde al posto di nuovi parcheggi e gettate di cemento. Non solo. C’è un movimento che cresce dal basso, dai Comuni, dai territori e dalle comunità locali che si muove più velocemente dei governi per trovare soluzioni e applicare nuovi progetti per contrastare le emissioni climalteranti. L’obiettivo? Città inclusive e fiorenti, che funzionino per tutti.
A Trento il municipio e l’Università premiano chi si sposta con bici e “car pooling”
Per incentivare la mobilità sostenibile e abbattere le emissioni nocive il Comune di Trento riconosce una somma simbolica ai dipendenti che scelgono di raggiungere il posto di lavoro in bicicletta. È stato infatti avviato in via sperimentale il progetto “Bike to work”, per incentivare l’utilizzo della bici nel tragitto casa-lavoro e individuare le strade che necessitano di un intervento per adeguarle alla mobilità dolce. La sperimentazione - si apprende - durerà sei mesi e vedrà coinvolti fino a 150 persone, che riceveranno 0,25 euro per ogni chilometro percorso pedalando, fino a un massimo di due euro al giorno e 20 euro al mese. Per incentivare la partecipazione da parte dei dipendenti comunali è anche prevista una competizione su chi percorrerà più chilometri: i primi sette classificati otterranno un premio aggiuntivo da 20 a 50 euro. Obiettivo collaterale del progetto è monitorare le strade a maggior flusso di bici, individuando quelle che necessitano interventi di adeguamento. Per l’iniziativa sono stati stanziati 36.000 euro. Una parte delle risorse saranno utilizzate per affidare a un operatore esterno la realizzazione e la gestione del sistema dedicato al monitoraggio e alla certificazione dei chilometri percorsi, invece l’altra parte per l’erogazione dei premi economici. Anche l’Università di Trento ha deciso di attivare nuove iniziative per incentivare la mobilità dolce. A studenti, docenti e personale amministrativo é stato proposto un questionario per conoscere le abitudini degli spostamenti e individuare strategie per rendere questa mobilità più sostenibile. «La proposta è quella di strutturare un carpooling aziendale attraverso l’utilizzo a titolo gratuito di una app, dedicata a tutta la popolazione universitaria, sia il personale dipendente e docente che la comunità studentesca – spiega Mirella Ponte, responsabile della divisione Ambiente e sicurezza di Ateneo –. Grazie ad una piattaforma, attualmente in fase di studio, si utilizzerebbe comunque l’auto privata, ma lo si farà in condivisione con altri, per ridurre l’impatto ambientale. L’intenzione è quella di partire con questo servizio entro il 2024».
Treviso e la comunità energetica diocesana che offre energia pulita ai bisognosi
Produrre e consumare energia pulita in tutto il territorio diocesano, sostenendo chi ha meno risorse: è l’obiettivo della “Fondazione Diocesi Treviso Energy Ets”, la prima Comunità energetica rinnovabile (Cer) della Diocesi. Una fondazione di partecipazione, in cui saranno coinvolte le parrocchie, ma anche persone fisiche, aziende e un partner tecnologico che metterà la strumentazione necessaria. «Abbiamo studiato una struttura giuridica che sia rispettosa del “modello diocesi”, come chiesto dal Vescovo – spiega il neopresidente della Fondazione Sergio Criveller –. Quindi una grande Comunità energetica e 23 sottogruppi, quante sono le Cabine primarie in Diocesi, anziché costituire 23 soggetti giuridici autonomi. Ricordo che la Diocesi insiste su una grande parte della provincia di Treviso, ma anche su parti di quelle di Padova, Venezia ed ha anche due parrocchie in provincia di Vicenza. Ogni sottogruppo avrà quindi più parrocchie. L’idea di fondo – sottolinea – è quella di una grande “comunità di comunità”. Ci sarà chi produce e consuma, e chi consuma e basta. La novità assoluta del modello “Comunità energetica” è che si ha il massimo di beneficio quando c’è consumo istantaneo: produco 100 e consumo 100. Quindi, oltre a fare produzione, c’è la necessità di trovare chi consuma». Il suo consumo genera anche risorse per sostenere chi è nella difficoltà a pagare le bollette. «Questo è uno degli aspetti più belli della Comunità energetica, quello solidale. Non si fa Comunità energetica per fare business - precisa -, ma per condividere e sostenere, salvaguardando l’ambiente, e contribuendo, anche grazie al consumo, ad aiutare le situazioni di fragilità, così che ad averne un beneficio sarà tutta la comunità». La Chiesa locale diviene così promotrice di una Comunità energetica aperta a tutte le 265 parrocchie della Diocesi, aperta alle famiglie, alle aziende, e anche ai Comuni. Questa è la prima Cer in Italia pensata e costruita sul territorio di un’intera diocesi. «Nell’ottica di una transizione giusta e socialmente sostenibile la “Diocesi Treviso Energy Ets” può diventare uno strumento di creazione di reddito a sostegno di famiglie, parrocchie e comunità locali», conclude Criveller.
A Torino nel 2024 la prima Cop dei Comuni: «Per costruire insieme ogni giorno»
Torino presto potrebbe tenersi una “Cop dei comuni” dedicata alla realizzazione concreta degli obiettivi ambientali che qualche settimana fa a Dubai sono stati delineati. Una sorta di Cop28 di territorio che in tre giorni coinvolgerebbe gli enti locali. L’idea è stata lanciata qualche giorno fa nel corso di un incontro organizzato da Environment Park, uno dei luoghi d’elezione proprio per gli studi e le applicazioni tecnologiche collegate all’ambiente. Il progetto è già delineato e ha il sostegno del sindaco Stefano Lo Russo. “Cop1 Torino”, questo il nome del progetto, dovrebbe dare vita, ha spiegato Giacomo Portas (presidente di Environment Park) ad una rete per «costruire insieme quello che occorre fare ogni giorno». La preoccupazione di Portas è quella che, spenti i riflettori su Dubai, tutto o quasi passi nel dimenticatoio. Per questo a Torino, una delle poche città a partecipare a Cop28, si sta cercando di tenere alta l’attenzione. E pensare concretamente. Il prossimo passo sarà quindi la partenza dei lavori per arrivare alla “Cop1 Torino” in tempi brevi. «Se si verificassero le condizioni saremmo molto contenti di ospitare a Torino un evento dedicato all’impegno delle amministrazioni locali nella lotta al cambiamento climatico», dice ad Avvenire Lo Russo che aggiunge: «L’emergenza climatica è uno dei temi imprescindibili di cui una città non può non tenere conto e come affrontarla costituisce per Torino un’assoluta priorità. Siamo consapevoli che la strategia di mitigazione dell’impatto dell’uomo sul cambiamento climatico dipenda prima di tutto da impegni assunti a livello internazionale ma sappiamo anche che parte di queste grandi strategie passa dalla vita delle città». A schierarsi per l’iniziativa è anche Guido Saracco, rettore del Politecnico, che spiega: «A Dubai sono stati stabiliti traguardi importanti: entro il 2050 l’abbandono dei combustibili fossili ed entro il 2030 l’obbligo di triplicare le fonti rinnovabili e dimezzare le inefficienze energetiche. Si tratta però di obiettivi da raggiungere tenendo conto che non si può fermare lo sviluppo. Le azioni a livello locale sono fondamentali e il lavoro in comune tra enti di ricerca e amministrazioni è cruciale».