Si alza forte la voce della chiesa cattolica di Sesto San Giovanni contro l’ultimo strappo del neo sindaco Roberto Di Stefano (Fi) contro la comunità islamica. Dopo aver bloccato la costruzione delle moschea, aver diffidato i vertici dell’Islam a rispettare i termini sottoscritti con le precedenti giunte di centro sinistra, Di Stefano ha rifiutato l’utilizzo del Palasesto per la preghiera della Festa del Sacrificio, che cade il 1 settembre.
Per la giunta di centro-destra che sul 'no alla moschea' e sulla sicurezza ha vinto le elezioni di giugno, il divieto all’utilizzo di questa struttura è motivato da vincoli regolamentari, tardata richiesta, ma anche dal fatto di non concedere favori al centro culturale islamico inadempiente nei confronti del Comune. Una decisione che non è piaciuta al mondo cattolico, che da due decenni ha una proficua collaborazione con i tanti seguaci di Maometto. Don Leone Nuzzolese, parroco della comunità di S. Giuseppe e decano non nasconde le preoccupazioni sugli atteggiamenti, sulle chiusure che caratterizzano i primi passi di questa giunta. «Le elezioni sono finite, non costruire il dialogo – dice don Leone – significa distruggere un percorso di integrazione iniziato due decenni fa. Si mette in discussione una realtà islamica che qui a Sesto, al contrario di Milano, è molto omogenea e ha saputo ottenere positivi riconoscimenti».
Concetti ripresi da don Luigi Perduca vicario nella chiesa prepositurale di Santo Stefano, che nella Messa domenicale commentando la prima lettura dal libro dei Maccabei, ricordando la pacifica resistenza di un piccolo gruppo di Ebrei, ha parlato di valori irrinunciabili. «Vietare a qualcuno di pregare – per don Luigi – è un passo falso verso gli ideali della democrazia. La preghiera è un diritto inalienabile per la persona. Vietarla è mortificare lo spirito del cristiano. Le diversità sono la ricchezza dello spirito dell’opera di Dio».