Appello di Napolitano a
varare interventi strutturali. «È urgente recuperare fiducia». Dall'Udc «piena
adesione». Il Pd: «Allarme giusto».
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La nuova manovra,
così com’è all’esame della Senato, non basta. «Nessuno può sottovalutare il
segnale allarmante rappresentato dall’odierna impennata del differenziale tra le
quotazioni dei titoli del debito pubblico italiano e quelli tedeschi». La nota
del Quirinale, non inattesa per chi aveva potuto parlare nella giornata di ieri
con un capo dello Stato sempre più preoccupato, arriva a tarda sera dopo una
giornata passata da Napolitano a riflettere e a consultarsi febbrilmente sul da
farsi. Se far vincere il timore di alimentare ulteriori allarmismi o quello di
assecondare ormai inaccettabili sottovalutazioni. Il dubbio, andando verso la
seconda opzione, il presidente lo scioglieva in serata, dopo un colloquio -
decisivo - con un non meno allarmato governatore di Bankitalia Mario Draghi. «È
un segnale di persistente difficoltà - prosegue la secca, e con pochi
precedenti, nota del Quirinale - a recuperare fiducia come è indispensabile e
urgente. Si è ancora in tempo per introdurre in Senato nella legge di
conversione del decreto del 13 agosto misure capaci di rafforzarne l’efficacia e
la credibilità. Faccio appello - conclude Napolitano - a tutte le parti
politiche perché sforzi rivolti a questo fine non vengano bloccati da
incomprensioni e da pregiudiziali insostenibili». Parole fortissime, da leggere
una per una: E le ultime, le più forti di tutte, sembrano proprio alludere ai
veti che hanno fatto cadere possibili interventi sulle pensioni.Un
«angoscioso presente» - per citare Napolitano al Meeting di Rimini - che
spinge il Colle a contravvenire alla prassi che ha sempre osservato: tacere,
mentre le Camere discutono. Una scelta sofferta, ritenuta obbligata, dopo una
giornata vissuta al Quirinale con la rinnovata sensazione di un baratro che si
avvicina pericolosamente. Proprio quando la febbrile attività di moral
suasion del Colle sembrava dare i primi risultati, con le rassicurazioni
che arrivavano al Colle dalla capogruppo Finocchiaro e dal senatore Enrico
Morando, i segnali del precipizio si materializzavano di nuovo, nel pomeriggio.
Ma proprio all’amico di vecchia data Morando, Napolitano già confidava
l’insoddisfazione per il risultato raggiunto. Poi l’ennesima batosta della
borsa, ma soprattutto lo spread di nuovo spaventosamente vicino alla fatidica
soglia dei 400 punti mettevano in allarme il Colle. Tornava in campo l’asse
stabilito con il governatore Draghi a presidio della crisi, e cresceva ieri la
consapevolezza dell’inadeguatezza delle misure ancora in itinere. Un
nuovo elemento si era aggiunto a preoccupare il Quirinale: l’intesa con l’Europa
e con il presidente della Bce Trichet che faceva registrare i primi
scricchiolii. Era toccato proprio a Draghi avvertire che non poteva essere dato
per scontato l’acquisto dei nostri titoli di Stato da parte della Bce, ma non ci
voleva un’orecchio molto raffinato per capire che Trichet, volendo evitare
incidenti diplomatici con l’Italia, aveva preferito far parlare il suo
successore designato per una sorta di ultimo avvertimento all’Italia. La Ue
continuerà ad aiutare l’Italia, ma non a qualsiasi condizione. Non nella
perdurante assenza di interventi strutturali che il Quirinale non ha mai smesso
di auspicare, facendosi interprete delle richieste ripetute, come un disco
rotto, dall’Unione Europea.«Manca la consapevolezza della gravità della
situazione», continuava a ripetere Napolitano alle poche persone cui confida
pienamente la sua amarezza e la sua preoccupazione, lamentando il calo di
immagine che comporta lo stop and go fatto registrare anche in questa
nuova manovra riveduta e corretta. Il contributo di solidarietà, ad esempio, pur
nella discutibilità di questa come di ogni altra misura, una volta deciso e
concordato con l’Europa andava perseguito. Magari rimodulato, ma non abbandonato
del tutto, per non dare l’idea di un sistema politico incerto e sfilacciato e
soprattutto poco consapevole della gravità della situazione. Ragionamenti che
Napolitano aveva già lasciato intravedere nel suo ultimo intervento di
Cernobbio, quando aveva parlato di «esitazioni», di auspicabile «chiarezza
d’intenti», continuando a sollecitare «scelte solide di medio o lungo periodo»
per far fronte alle «sfide e prove più che mai ardue, profonde e di esito
incerto». Allora come oggi plausi, consensi e tiratine per la giacca
trasversali. Ieri notte, pochi minuti dopo la nota, Enrico Letta già commentava:
«Il presidente ha ragione, questa manovra ha perso credibilità». Mentre Casini
immediatamente assicurava la sua «piena adesione» al monito del Colle e un
«surplus di responsabilità» dell’Udc per rendere il decreto «almeno
economicamente accettabile»