venerdì 15 luglio 2011
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Giorgio Napolitano esprime «vivo apprezzamento per la decisione assunta all’unanimità dalla Conferenza dei capigruppo del Senato di approvare nella mattinata di giovedì la manovra finanziaria, consentendo così alla Camera di cominciare ad esaminarla nella stessa giornata». Il compiacimento del Colle prima trapelato attraverso gli ordinari canali di comunicazione poi viene messo anche nero su bianco nel sito del Quirinale. Ancora qualche minuto e la regia di Napolitano in quello che si profila come un atto storico per l’altrimenti traballante futuro del Paese si conferma in modo ancora più plastico. Con una nota il presidente fa sapere di avere rinunciato alla seconda e più importante giornata di visita in Croazia, quella che lo avrebbe portato da Zagabria (dove sarà domani regolarmente) a Pola, dove venerdì era in programma anche un concerto in suo onore. Una visita importantissima, a lungo preparata, perché in ballo c’è l’imminente ingresso del Paese ex jugoslavo come 28° membro dell’Unione europea e la sutura della ferita con l’Italia (che riporta alla memoria le foibe e l’esodo di oltre 300mila italiani giuliano-dalmati). Non a caso nella ex italiana Pola, venerdì, era previsto anche l’intervento della presidenza dell’associazione degli esuli. Tutto rinviato, probabilmente al 3 settembre, saranno i due presidenti, Napolitano e Josipovic a darne l’annuncio ufficiale domani, a Zagabria. Un atto - la rinuncia, sia pur in parte, ma la più importante, a una visita di Stato già allestita - che ha pochi precedenti, al di fuori di situazioni di crisi di governo conclamate. Ma dal Quirinale fanno notare che anche la situazione politico-economica che vive il Paese ha pochi precedenti, e con queste motivazioni Napolitano ha comunicato, con molto rammarico, la notizia al suo omologo croato. Una rinuncia che va letta insieme al «vivo compiacimento» espresso in mattinata per l’impegno del Senato a chiudere entro domani. Non che la Camera sia obbligata a questo punto a chiudere definitivamente la spinosa pratica entro venerdì, ma i deputati sanno ora che il presidente si è tenuto libero da impegni già dal primo giorno utile per far arrivare il testo all’esame del Colle. E, al di là delle divaricazioni annunciate nel voto finale, il Quirinale considera un grande risultato il gentlemen agreement raggiunto fra maggioranza e opposizione, rinunciando quest’ultima a pratiche ostruzionistiche con «l’impegno a concorrere - con "pochi qualificati emendamenti" a una rapidissima approvazione della necessaria manovra finanziaria», sintetizza la nota del Colle.Napolitano ha avuto, ancora ieri, fitti contatti sia con Gianni Letta, che con Giulio Tremonti, per favorire in tutti modi un clima adeguato alla situazione che l’inserimento della norma salva Fininvest aveva compromesso. Ha sentito anche Pierluigi Bersani, ma nel Pd è soprattutto Enrico Morando a farsi carico della traduzione nero su bianco della richiesta del presidente di programmare «altre misure», perché questa manovra da sola, ha ricordato il capo dello Stato, non basta. E prende corpo l’ipotesi di un ordine del giorno delle opposizioni per inserire in Costituzione l’impegno del rientro dal deficit. Tremonti, ieri, si è detto disponibile. «È già un risultato, tre mesi fa questa proposta non trovò ascolto. Ma la Germania già l’ha fatto, la Francia lo sta facendo. Sarebbe il segnale che l’Europa attende per dire che facciamo sul serio».
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