mercoledì 3 giugno 2009
«I temi europei? Mi sarei augurato che ci fosse più attenzione. Ormai dubito che ve ne possa essere nei prossimi tre giorni». Il presidente della Repubblica indirizza il suo auspicio per il dopo elezioni: «La voglia di coesione è diffusa più di quanto non si percepisca nelle stanze della politica».
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    «Mi auguro che mettiamo un punto, fra tre giorni, per cui comunque vadano le elezioni tutti ne traggano motivo per atteggiamenti più ponderati e più misurati». Giorgio Napolitano tira le conclusioni al termine delle celebrazioni della festa della Repubblica. Parole forti, per esprimere la sua delusione sui toni, e sui temi, di cui ha vissuto la campagna elettorale europea. Ma non sono parole dettate dall’amarezza. Al contrario. Il presidente, nell’incontrare i giornalisti, è visibilmente soddisfatto, come rincuorato, dal bagno di folla cui si è sottoposto come "padrone di casa" nei giardini del Quirinale. Oltre 20mila persone – complice il tempo finalmente rimessosi al bello con un piacevole venticello a rinfrescare l’aria – hanno usufruito delle "porte aperte" sin dal primo pomeriggio per il Palazzo simbolo della Repubblica, inducendo il cerimoniale ad aprire con un’ora di anticipo per smaltire una fila che a un certo punto dalla piazza si andava snodando fino a via XXIV maggio e via della Dataria. Strette di mano, gente assiepatata lungo i percorsi, capannelli di napoletani che si manifestavano come tali con particolare intraprendenza facendo leva sulla conterraneità, più sommessamente qualche famiglia si diceva proveniente dall’Abruzzo e ne riceveva parole di vicinanza dal capo dello Stato. Gente comune, si direbbe, numerosa e composta. Giovani e anziani, tanti bambini presi per mano dai loro genitori, o sulle spalle, per facilitare la stretta di mano del presidente, da immortalare col telefonino. Cosicché, dopo la cerimonia finale delle 18.30 è stato necessario tenere aperto ancora per un’ora per accontentare gli ultimi visitatori della sera. E non era solo turismo istituzionale: alle note dell’inno, all’imbrunire, saliva un coro della gente spontaneo e coinvolgente. È in questo contesto che Napolitano ripete con forza l’auspicio alla coesione del mondo della politica: «È assolutamente nell’interesse del paese», dice: «Sono convinto – aggiunge – che questo è un sentimento diffuso fra gli italiani, più di quello che non si possa percepire in certe stanze della politica». Ribadisce la sua convinzione, che «nel Paese ci sia sentimento di unità ed esigenza di coesione». E ripete il suo auspicio affinché «venga raccolto anche da chi ha funzioni di rappresentanza politica e istituzionale». Al presidente però, senza giri di parole, viene chiesto se non trovi che questa campagna elettorale, invece di vertere sull’Europa – come era stato auspicato dal Quirinale –, non si sia «incarognita». Secca anche la risposta: «Di periodi elettorali ne ho vissuti tanti, e tanti che si erano incarogniti, come dice lei», replica al giornalista. Quanto all’Europa non può che confermare il suo rammarico per come sia stata di fatto elusa dal dibattito («mi sarei augurato che ci fosse più attenzione», dice) e non si fa illusioni che ci sia tempo per recuperare: «Ormai dubito che ve ne possa essere nei prossimi tre giorni», allarga le braccia. D’altronde, «questa purtroppo è una triste esperienza e non solo italiana. Ci sono Paesi in cui lo scetticismo e la diffidenza verso l’Europa è tale e tanta, si veda la Gran Bretagna, che la campagna elettorale ha preso tutto un altro corso». Mal comune, mezzo gaudio, in qualche modo. E allora Napolitano indirizza i suoi auspici per «toni più misurati», al dopo, al termine di questa contesa elettorale monopolizzata da temi del tutto interni e neppure di altissimo profilo. «Quando ho parlato di contrapposizioni politiche elettorali, ho sottolineato: soprattutto in periodo elettorale», riprende uno dei passaggi più forti del suo messaggio per la festa della Repubblica. «Ho incontrato tanta gente – aggiunge – e ho potuto vedere che questo dell’unità è il sentimento molto diffuso». Ma non ha voglia di aprire altri fronti polemici. In questi giorni, gli chiedono ancora, ci sono state numerose critiche rivolte a giornali e giornalisti. «Io non ho fatto critiche. Con me non ce la potete avere», taglia corto. E prima di fare rientro nel palazzo si regala l’ultimo colpo d’occhio sui giardini ancora gremiti di gente, alla quale indirizza ancora un sorriso e un saluto a mani alzate.
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