venerdì 11 febbraio 2011
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Potrebbe avvenire nei prossimi giorni l’incontro tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il premier Silvio Berlusconi. L’appuntamento era stato richiesto da quest’ultimo, ma le voci di un provvedimento sulle intercettazioni per decreto avevano di fatto sbarrato le porte del Quirinale. Un grande lavorio degli ambasciatori del Pdl hanno alla fine sminato un nuovo caso che, dopo la forzatura sul federalismo municipale, rischiava di far naufragare definitivamente i rapporti tra Napolitano e Berlusconi. Ma il corrispettivo è stato il totale dietro front sulla questione decreto intercettazioni. La Lega, in questa fase, ha abbandonato il movimentismo e si muove con prudenza. Ieri Napolitano ha ricevuto il ministro dell’Interno Roberto Maroni. All’ordine del giorno la normativa sulle espulsioni dei cittadini comunitari. Ma Maroni è lo stesso ministro che in mattinata di ieri ha gettato secchiate di acqua fredda sulla proposta di Berlusconi di chiedere un risarcimento allo Stato per la violazione della privacy: «Fatemi domande interessanti», ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano un parere in proposito. Il Colle, nonostante i suoi reiterati appelli alla calma e alla responsabilità, guarda sempre con estrema preoccupazione all’avvitarsi dello scontro. Con Berlusconi che definisce da Germania dell’Est la magistratura. E con le opposizioni che rispondono colpo su colpo. Ieri, il segretario del Pd Pierluigi Bersani ha definito «eversive» le parole del premier sulla magistratura. E ha aggiunto: «Se nella maggioranza c’è qualcuno che ha a cuore le sorti del Paese, dica qualcosa perché ci si sta avvicinando rapidamente alla soglia di allarme; si pronunci nel Paese chiunque ha la possibilità di far sentire la sua voce». Mentre il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, dopo aver sostenuto, invano, la proposta di un nuovo governo, è ormai schierato sul fronte delle elezioni: «Il richiamo di Berlusconi alla Germania dell’Est  è insultante.Credo che tutti gli italiani  si dovrebbero rivoltare gli italiani. Il premier ha perso la testa ed è questa una grande questione che abbiamo davanti». E, dunque, «davanti a una paralisi parlamentare e a un premier arroccato serve un governo unitario di responsabilità nazionale. Abbiamo sperato che Berlusconi facesse un passo in questa direzione, ma non lo farà. Allora bisogna sciogliere gli indugi e andare alle urne. Noi faremo tutti i passi in questa direzione, fatte salve le prerogative del capo dello Stato». Prerogative che sono ben fissate dall’ordinamento. La preoccupazione che ora serpeggia in certi ambienti del Pdl è che davanti a questa situazione di scontro istituzionale il capo dello Stato possa essere tentato, come accadde nel 1993, di sciogliere le Camere. Ma dimenticano forse che il decreto di scioglimento del Quirinale deve essere controfirmato dal presidente del Consiglio.
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