giovedì 6 ottobre 2011
Le associazioni di volontariato consegnano le chiavi alla Regione: «Non è un gesto simbolico, non ci sono più soldi e nessuno ci aiuta». Ma il Comune ha dichiarato la volontà di ricominciare a investire nel sociale. Dalla Regione e dalla prefettura la proposta di aprire un tavolo tecnico con il Terzo settore.
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Rottamare, eliminare, privatizzare. Rotolano come pietre i verbi, e non sono solo parole, e travolgono il sistema dei servizi sociali ai cittadini di Napoli e della Campania. Schegge impazzite scagliate dalla disgregazione istituzionale contro il welfare locale, che qui non vuol dire solo assistenza ai più deboli. Quelle parole ieri sono passate di bocca in bocca, erano scritte su ogni volantino in piazza del Gesù a Napoli e hanno accompagnato il tintinnare delle chiavi - mille, duemila e più - delle strutture che hanno chiuso, stanno chiudendo, sono a rischio di chiusura. Chiavi che sono state, molto più che simbolicamente, consegnate nelle mani del prefetto Andrea De Martino, in rappresentanza del Governo, del sindaco di Napoli, in qualità di rappresentante di tutti i primi cittadini campani, del presidente della Regione Campania. Le portavano, attraverso i delegati delle organizzazioni, i bambini, le mamme, gli immigrati, i disabili, gli operatori che stanno perdendo ogni giorno un po’ di vita e un po’ di speranza. Erano in cinquemila, riuniti nella piazza del centro storico come se fossero nelle case famiglia, nei convitti e nei semi convitti, nelle case di accoglienza, nelle strutture di educativa territoriale. Una giornata di mobilitazione cittadina promossa dal comitato Il welfare non è un lusso con l’Uneba, la Federazione Sam e il Coordinamento La Rete che così hanno voluto denunciare, con rinnovata forza, lo stato di estrema crisi causato dai tagli del Governo nazionale alle politiche sociali, dal perdurare dei gravissimi ritardi nei pagamenti da parte del Comune di Napoli e della Asl Napoli 1 e dal mancato investimento nel welfare da parte della Regione Campania. Con la Finanziaria per il 2011 il Fondo per le politiche sociali è stato ridotto del 70%. La Campania ha subìto un taglio di oltre 200 milioni di euro. La Regione inoltre non ha investito del suo nelle politiche sociali: appena 13 milioni di euro, rispetto ai 177 dello scorso anno, da spartire tra i suoi 551 Comuni.Il welfare è un bene comune? Era lo slogan più che una domanda. Per l’intera giornata operatori sociali, suore e religiosi di cooperative e associazioni di Napoli e della Campania hanno dimostrato sul campo, sotto il sole, cosa significhino i servizi socio-assistenziali, socio-educativi e socio-sanitari che quotidianamente realizzano all’interno dei convitti e semi-convitti, delle educative, dei centri di salute mentale, delle comunità di accoglienza e di tutte le altre strutture ora in via di estinzione. In Comune, i delegati sono stati ricevuti dagli assessori alle Politiche sociali e al Bilancio, Sergio D’Angelo e Riccardo Realfonzo, che si sono impegnati entro fine mese a proporre una soluzione per il rientro del debito - 50 milioni di euro - attraverso lo strumento della cessione del credito (il cosiddetto "pro soluto"). D’Angelo e Realfonzo non hanno voluto accettare le chiavi dei servizi, sostenendo che «la chiusura dei servizi rappresenterebbe il fallimento dell’amministrazione stessa». Fedele Salvatore, uno dei rappresentanti del comitato campano, preso atto «degli impegni assunti da parte del Comune di Napoli, che ha già dimostrato la volontà di ricominciare a investire nel sociale e non ha ulteriormente tagliato la voce dedicata alla spesa sociale nell’ultima finanziaria» ha ribadito: «Continueremo a vigilare affinché queste promesse possano tradursi in fatti, anche partecipando ai tavoli di lavoro che saranno convocati a breve dall’amministrazione comunale».La Regione - che non ha ancora trasferito ai Comuni i 40milioni di euro del Fondo sociale regionale - e la Prefettura hanno proposto ancora una volta l’istituzione di un tavolo tecnico con il Terzo Settore e per lo sblocco delle risorse.
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