Un salvataggio di migranti (foto Epa/Jorge Zapata)
Solo due navi Ong si salverebbero dalla stretta annunciata ieri dal Governo. La Vos Prudence di Medici senza Frontriere e la Vos Hestia di Save the Children. Queste due navi potrebbero infatti continuare a salvare vite umane nel Mediterraneo e, una volta completate le operazioni, raggiungere i porti italiani per sbarcare «il carico umano». Tutte le altre potrebbero essere dirottate verso porti più lontani in altri Paesi. Sono in tutto una decina le imbarcazioni delle Organizzazioni non governative attualmente impegnate nel Mediterraneo in attività di Sar ( search and rescue, ndr) davanti alle coste libiche, in acque extraterritoriali. La maggior parte di loro batte bandiera extra Ue. Da Gibilterra (la Aquarius di Sos Mediterraneè) a Panama (la Golfo azzurro della spagnola Pro activa open arms), da Malta (le due navi Moas) a Nuova Zelanda (una delle due navi della tedesca Sea Watch). Ma ci sono anche navi battenti bandiere di Paesi europei: la Germania (il peschereccio Iuventa della Ong Jugend Rettet) e l’Olanda (la nave Sea Watch1 della omonima Ong tedesca).
Nel 2016, recuperati in mare 46.796 migranti
L’ultimo rapporto della Guardia costiera, relativo al mese di Aprile, conferma che circa il 40% dei soccorsi in mare viene effettuato proprio dalle navi Ong: su 12.590 migranti salvati, 5.015 sono stati tratti in salvo dalle Organizzazioni non governative e ben 3.523 da navi commerciali (pescherecci, mercantili), che sommati fanno circa il 68% dei soccorsi effettuati nel Mediterraneo. Nel 2016, stando al rapporto della Guardia Costiera Italiana, le Ong hanno recuperato complessivamente 46.796 migranti, più del doppio di quanti ne avevano soccorsi l’anno precedente (20.063). E nei primi 4 mesi del 2017 hanno salvato 12.646 persone, il 35% del totale. Il resto degli interventi sono stati fatti da mercantili (16%), Guardia Costiera italiana (29%), Marina Militare (4%), Frontex (7%) e Eunavformed (9%).
«Trasferiti nel porto più vicino»
«Le persone salvate in mare dovrebbero essere trasferite nel più vicino porto di sbarco, in cui le loro necessità e vulnerabilità possano trovare una risposta rapida» commenta Tommaso Fabbri, capo missione di Medici senza Frontiere Italia. Da tempo ormai la Ong medico-umanitaria chiede più sostegno della Ue alle operazioni di salvataggio alle quali, insiste e sottolinea, «dovrebbero partecipare tutti gli Stati e non solo la Guardia costiera italiana. Nelle nostre attività di soccorso raramente vediamo navi Frontex o di EunavForMed». Con la chiusura dei porti italiani alle navi Ong straniere, la gestione delle persone soccorse in mare diventerebbe più complicata e difficile da gestire. Ne è convinto Fabbri. «Se le persone tardano ad essere sbarcate e le navi devono andare più lontano si presentano tutte le problematiche per la presa in carico delle vulnerabilità: spesso la barca dei soccorsi è già sovraccarica e il fatto di restare in mare più giorni complica tutto, dalla gestione delle persone che devono essere curate alla distribuzione di cibo e acqua sufficiente per tutti». Inoltre, più le barche vanno lontano, più tempo ci vuole per farle tornare in zona 'Sar' (la zona di ricerca e soccorso, ndr). «Ci saranno dei periodi completamente scoperti – aggiunge – A noi interessa che le persone vengano prese in carico il prima possibile e trattate con dignità».
Ancora sbarchi
Intanto proseguono gli sbarchi. Nelle ultime 48 ore, sono 12mila i migranti sbarcati da 22 navi, molte di queste appartengono alle Organizzazioni non governative. Anche ieri la centrale operativa della Guardia costiera ha coordinato 5 operazioni di salvataggio e soccorso in tutto tra 600 e 650 migranti.