sabato 16 febbraio 2013
​L'uomo al centro dello scandalo ha provato a respingere le accuse, spiegando di non avere mai commesso reati e di avere agito senza mettere a rischio il patrimonio del Monte (di Nello Scavo)
La via giusta è pulita di Paolo Borgna
Fermato l'ex direttore Baldassarri
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Non erano in molti a sbeffeggiare Giuseppe Mussari. Abbastanza, però, per fare notizia e confermare che Siena lo ha ormai scaricato. In procura lo accusano di vari reati, tra cui l’ostacolo alle autorità di vigilanza. Nelle contrade non gli perdonano di aver messo a repentaglio il Montepaschi per quella ossessione chiamata Antonveneta, la banca ribattezzata «magnifica preda» con cui Mussari e compagni sognavano di sprovincializzare una volta per sempre Babbo Monte, esportando il mito della "senesità" sui tavoli della finanza mondiale.«La pacchia è finita», gli hanno urlato tra insulti e lanci di alcune monetine da pochi centesimi. Un oltraggio che sa di ripicca. E lui, il ragazzo di Calabria che aveva afferrato il bandolo di quel «groviglio armonioso» di poteri che elargiscono la fortuna o impartiscono la disgrazia dei palazzi senesi, in procura è stato «timido». Anzi, per dirla con uno degli inquirenti, «evasivo». I suoi legali hanno assicurato che l’ex presidente di Mps non si è sottratto ad alcuna domanda. «Ha risposto, è vero – confermano fonti giudiziarie –. Ma in modo, per così dire, elusivo».Il giorno dopo l’arresto di Gianluca Baldassarri, che stamani affronterà a Milano l’udienza di convalida del fermo ordinato per «imminente pericolo di fuga», da Mussari ci si attendeva «una maggiore loquacità», riassume un investigatore. Invece l’avvocato che a Siena sembra aver perso i potenti appoggi di un tempo, ha fatto il possibile per spiegare di non aver commesso reati e men che meno di aver messo a rischio i forzieri e il buon nome del Montepaschi. Così, al termine delle tre ore di interrogatorio, i pm hanno giocato una carta a sorpresa riconvocando in Procura la gola profonda dell’inchiesta sul "groviglio" di Rocca Salimbeni. Valentino Fanti era alla segreteria del consiglio di amministrazione di Mps quando al timone c’era Mussari. Ma è uno dei pochissimi ad essere stato graziato dai nuovi vertici, il duo Profumo-Viola, che lo ha riconfermato nel ruolo. Come dire che di lui ci si può fidare. «Lo abbiamo richiamato per riscontrare alcune dichiarazioni rese da Mussari», hanno spiegato gli inquirenti lasciando intendere di non aver mangiato la foglia. Al termine i pm, stavolta visibilmente soddisfatti, hanno parlato di «incontro proficuo». Per gli indagati è una pessima notizia. Almeno quanto quella di una «pausa di riflessione» che i pubblici ministeri Nastasi-Natalini-Grosso si prenderanno, salvo provvedimenti di grande urgenza, fino alle elezioni politiche. Uno stop agli interrogatori che potrebbe preludere alla necessità di sentire, quali persone informate dei fatti, importanti esponenti politici di Pd e Pdl impegnati lungo l’ultimo miglio di campagna elettorale.Ancora una volta Valentino Fanti avrebbe ribadito di non essere stato informato delle operazioni finanziarie più avventurose, confermando che all’interno della banca vi fossero dirigenti a conoscenza di quelle attività che vedevano al centro l’area finanza allora guidata da Gianluca Baldassarri. Soprattutto le nuove dichiarazioni di Fanti avrebbero minato la difesa di Mussari, con cui i pm non hanno voluto fissare un nuovo appuntamento.L’indagine, nonostante l’annunciata "pausa", ha già cambiato passo. Con Gianluca Baldassarri i magistrati senesi, finora parsimoniosi quanto a provvedimenti cautelari, hanno mostrato i denti. Un fermo, quello del manager accreditato di segreti inconfessabili sulle manovre interne a Montepaschi, che non fa dormire sonni tranquilli ai coindagati. Baldassari è accusato, in concorso con Mussari e l’ex direttore generale Antonio Vigni - sentito per 8 ore lo scorso 6 febbraio - di avere ostacolato la vigilanza di Bankitalia sulla corretta contabilizzazione di alcuni prodotti finanziari. Iniziative risultate deleterie per i bilanci della banca e occultate nelle pieghe di una contabilità che continua a riservare sorprese.
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