giovedì 27 maggio 2021
Don Gianluca Villa in questi giorni ha celebrato Messe e organizzato Rosari per le vittime. «In quella cabina c’era davvero tutto il mondo»
Il parroco di Stresa, don Gianluca Villa

Il parroco di Stresa, don Gianluca Villa - Ansa

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La strage della funivia, nell’immaginario di tanti anziani del posto, ha riportato alla mente in questi giorni un’altra tragedia accaduta a Stresa in passato. Era il 19 giugno 1948 quando dodici turisti, sempre intorno a mezzogiorno, persero la vita nel crollo dell’imbarcadero sul lago Maggiore, mentre molti altri furono salvati dall’eroismo dei barcaioli intervenuti immediatamente. «In paese – racconta adesso il parroco di Stresa, don Gianluca Villa – si ricorda che allora i feretri furono portati in chiesa ed erano tutti presenti per esprimere il proprio cordoglio. Anche questa volta le comunità parrocchiali di Stresa si sono subito unite nel suffragio dei defunti».

Nulla lasciava presagire gli sviluppi drammatici dell’altra notte, con la confessione degli accusati. Eppure già domenica sera, poche ore dopo la tragedia, a Someraro, sul sagrato della chiesa dedicata alla Madonna della Consolazione, c’era stato un primo intenso momento di preghiera con la recita del Rosario, proprio sotto i cavi della funivia che attraversano la frazione. «Da una parte c’erano la bellezza e la maestosità del lago, dall’altra il pilone dove è avvenuta la tragedia. Accanto a noi la statua della Madonna di Fatima. A quel momento ha partecipato anche il cielo, tingendosi di viola. La Madonna della Neve del Mottarone accolga tra le sue braccia materne le vittime del disastro, in particolare i due bambini, ed aiuti il piccolo gravemente ferito».

Lunedì, giorno di lutto cittadino, alla Messa delle 18, in modo inaspettato e del tutto spontaneo, la chiesa dedicata ai santi Ambrogio e Theodulo ha accolto molte persone. «In quella cabina – riflette don Villa – c’era la vita, in tutti i suoi aspetti: c’erano bambini, fidanzati, nonni. C’era tutto il mondo ed è per questo che tutti noi ci siamo sentiti coinvolti in questa vicenda tragica. In questi momenti emergono con forza le domande di senso. Come ho continuato a dire in queste ore, il dito non deve essere puntato contro Dio, ma contro l’uomo nelle sue gravi responsabilità per l’accaduto. E dove è Dio in questi casi? Ho provato a rispondere riferendomi ad altre tragedie. Il terremoto fa crollare le case, schiaccia le persone ma schiaccia anche il tabernacolo. Il Dio cristiano piange e soffre con noi. È sempre con l’uomo in tutte le sue fragilità, anche nelle sofferenze».

Ieri sera, alle 18, durante la Messa di suffragio, preceduta dall’adorazione eucaristica, sono stati accesi 14 ceri e sono stati ricordati per nome, uno ad uno, i defunti. «Servono momenti reali e autentici, di riflessione e di preghiera, senza attenzioni mediatiche né palcoscenici. Per questo ho chiesto che in questi giorni non ci fossero telecamere. Da queste parti siamo persone chiuse, ma la comunità è davvero molto ferita».

Don Gianluca Villa guida sette parrocchie e 25 chiese, tra lago e montagne. Ora è anche preoccupato per il futuro della zona e di molte famiglie. «I miei parrocchiani residenti sono circa 7mila, ma d’estate arrivano a diventare 30-40mila nel fine settimana e mi sento un po’ parroco del mondo. Domenica scorsa, con il clima più favorevole e l’allentamento delle misure per il Covid, avevano iniziato a riprendere le attività, in un territorio a grande vocazione turistica. In molti avevano appena ricominciato a lavorare e a riprendere fiato».

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