giovedì 14 luglio 2022
Il direttore di Avvenire all'Adnkronos: «È stato un grande organizzatore di imprese giornalistiche, un vigoroso opinionista»
Eugenio Scalfari

Eugenio Scalfari - Fotogramma

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«Scalfari è stato un grande organizzatore di imprese giornalistiche, un vigoroso opinionista, un uomo che ha accompagnato con straordinaria verve e con polemiche acuminate ma sempre civili anni cruciali della vicenda collettiva del nostro Paese».

Così all'AdnKronos il direttore di Avvenire Marco Tarquinio ha commentato la morte del fondatore di “Repubblica” Eugenio Scalfari.

«Un intellettuale – aggiunge – capace di iniziative non solo ideali ma anche politiche in senso stretto, dalle grandi inimicizie e dalle fedeli amicizie, come accade a molte delle persone che portano visioni forti. La cosa per molti più sorprendente, probabilmente, è stato il suo dialogo serrato da libero pensatore con esponenti della Chiesa cattolica, Un dialogo germinato un po' dalla sua intelligenza e un altro bel po’ dalla generosità di questi suoi interlocutori. Penso in particolare a papa Francesco e al cardinale Carlo Maria Martini».

Il direttore Tarquinio ricorda, a proposito della frequentazione di Scalfari con papa Francesco, «la pubblicazione di alcune interviste profonde e anche originali al pontefice», e insieme l’inserimento in esse di «alcuni passaggi al limite della deformazione – uso questa espressione volutamente – del pensiero del Papa, ma sempre con un rispetto quasi candido, come quando ammise con i colleghi della stampa estera di aver “prestato al Papa” parole e concetti su temi delicatissimi».

«Scalfari entra certamente fra i “grandi” del giornalismo italiano - sottolinea ancora Tarquinio – e ha un posto accanto a Indro Montanelli, accanto a Giorgio Bocca e a Enzo Biagi, accanto, lo dico pensando ad alcuni grandi giornalisti cattolici, a Raimondo Manzini e Angelo Narducci. Ed è accanto a tutti coloro che hanno davvero contribuito a pensieri e pratiche eccellenti in un mondo dell’informazione da quarant’anni abbondanti in ininterrotta, rapida e anche sconvolgente evoluzione. Certo, il suo tratto distintivo è stato senz'altro quello di essere stato un uomo di comunicazione deciso a costruire anche quello che abbiamo chiamato il “giornale-partito”, cioè un giornale che sia faceva anche “casa” di appartenenza ideale. Il cambiamento radicale che sta vivendo “Repubblica” in questi ultimi due anni è anche, per tanti versi, un capovolgimento di quella grande storia precedente. Un fenomeno editoriale molto interessante da seguire, anche per capire come un lascito così imponente come quello di Scalfari verrà interpretato e come la sua creatura si evolverà rispetto all’imprinting originario».

«Se devo, da giornalista libero quale sono, rimproverargli una cosa, è una certa fatica a fare i conti con i propri errori». In particolare, Tarquinio rammenta l'occasione in cui Scalfari, già non più direttore, si occupò della morte del cardinale Martini, «e scrisse, sbagliando, che si era trattato di una forma di eutanasia. Non ammise mai, e anch’io l’avevo invitato a farlo, di aver pubblicato delle serie inesattezze. Per me i giornalisti – chiosa Tarquinio – sono definitivamente grandi quando sanno chiedere scusa. Eppure, Scalfari grandissimo giornalista lo è stato: aveva estrema consapevolezza di sé e del proprio lettorato di riferimento, e aveva cultura, relazioni, istinto, passione. Per questo ha saputo farsi geniale inventore di formule informative di successo».

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