Neve impacchettata, ghiacci sotto l’ombrellone, coperte futuristiche e check up d’avanguardia. L’effetto serra, oggi, si combatte con queste armi. Una tecnica rivoluzionaria, forse bizzarra: ma che, incredibilmente, funziona. Ghiacciaio del Dosdé Orientale, Alta Valtellina. Una piccola lingua bianca, a 2.750 metri di quota: sempre più stretta, sempre più sottile. L’esperimento qui ha preso il via la scorsa estate, grazie ai fondi di Levissima, il cui stabilimento si trova pochi chilometri più in basso, in fondo alla vallata. Cento metri quadrati di ghiaccio sono stati così avvolti con uno speciale telone in geotessile, l’Ice Protector 500. Obiettivo: mantenere basse le temperature, scongiurando lo scioglimento della vedretta. E così è stato: 115mila litri d’acqua sono stati salvati. Oggi, l’esperienza continua. In questi giorni, i ricercatori del Politecnico di Milano, capitanati dal professor Claudio Smiraglia, hanno posizionato sul ghiacciaio una seconda coperta. E c’è una novità: sotto le pesanti coltri argentate, sono stati installati tre termistori, ovvero tre termometri computerizzati, che durante tutta l’estate trasmetteranno in tempo reale i loro preziosissimi dati. La «febbre della montagna», insomma, verrà costantemente monitorata: perché il paziente è ben lontano dal guarire, e la cura ancora provvisoria. «Siamo sulla strada giusta – avverte il professor Smiraglia –. Attualmente, lo spessore della neve densa e compatta è pari a 270-280 centimetri. Nel 2008, si giungeva a malapena ai due metri. Ad ogni modo, dovremo aspettare ottobre: solo allora, finita la stagione calda, potremo capire come sono andate le cose. La nostra azione si è rivelata efficace, almeno fino ad oggi. Ma ancora è troppo presto: guai a gridare vittoria». Le prospettive, comunque sia, appaiono invitanti: mai, nel nostro Paese, era stata tentata una simile operazione. Dai monti dell’alta Lombardia, le nuove tecniche di lotta contro il surriscaldamento globale potrebbero essere esportate altrove, e persino all’estero. «Siamo orgogliosi dei risultati fin qui ottenuti – esulta Federico Sarzi Braga, dirigente della Levissima –. Certo, non molleremo la presa». Come dire: il futuro parte da qui. Dalle ultime nevi perenni del ghiacciaio di Dosdé.