giovedì 9 aprile 2009
Tende e speranza. La giornata dei sacerdoti nei campi, tra la gente che ha perso tutto. «Dopo il sostegno materiale, recitiamo insieme il rosario».
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«Don Ramon, quando smette di tremare la terra? » . Il sacerdote della parrocchia S. Antonio di Pile non riesce a trattenere le lacrime. «Mi sono sentito così impotente – racconta – quando un bambino mi ha fatto questa domanda ieri». Don Ramon Mangili è appena tornato da Roma; nella Capitale ha preso beni di prima necessità, poi anche vasi e paramenti sacri perché « la popolazione non ha solo bisogno di un rifugio, ma vuole pregare ed io nel terremoto ho perso tutto». Ha ottenuto quaranta tende per i suoi trecento sfollati, ma «alla gen­te non interessa dormire una not­te in più in macchina, quello che chiedono è di non esser lasciati so­li ». Come don Ramon l’arcivesco­vo dell’Aquila Giuseppe Molinari e i parroci stanno facendo il lavoro più difficile: consolare i cuori af­franti dal dolore di quanti piango­no amici e parenti che non ci sono più e le loro case ormai disastrate. «La popolazione chiede di pregare e noi invocheremo il Signore con loro nei campi – afferma l’arcive­scovo Molinari, entrando per l’en­nesima volta nella tendopoli di Pa­ganica – stiamo facendo arrivare tende-cappella in ogni campo e un sacerdote sarà in mezzo ai fedeli dall’alba al tramonto». Anche lui è sempre in mezzo alla sua gente, con la sua città. Molinari corre da­gli sfollati, poi all’obitorio allestito nella scuola ufficiali della Finanza, poi ancora nella caserma dei cara­binieri e nel centro operativo della Protezione civile. «La situazione mi sembra buona, i cittadini si stanno rasserenando, per quanto possibi­le in queste situazioni, anche per­ché sanno che non li lasceremo so­li. Poi il lavoro di tanti volontari e forze dell’ordine è incredibile ed è per questo che ho voluto visitare sia i luoghi della disperazione che i centri di coordinamento. Tutti qui hanno bisogno di una parola di conforto e di rinsaldare la fede». Anche in una casa di tela blu. È dif­ficile rassegnarsi che questa sia di­venuta la propria abitazione, ma niente scenate di rabbia nelle ten­dopoli. « Qui la gente piange con compostezza – riferisce don Fran­cesco Scommegna, parroco di Pia­nola, allargando sconsolato le brac­cia – ma continua a sperare». «Le case si ricostruiscono – sussurra a Sergio che si dispera pensando al prestito ancora da restituire – dob­biamo ringraziare il Signore di es­sere vivi». Il mutuo di casa è una costante tra la gente, c’è chi ha versato solo po­che rate ed ora la casa è un cumu­lo di macerie. Anche l’arcivescovo Molinari ci tiene a ribadire il pro­blema: «Bisogna pensare a chi ha la casa distrutta o non ha un lavoro e deve rimettere anche un mutuo. Le forze politiche mi sembrano con­cordi nel voler trovare una soluzio­ne per loro che non hanno colpa. Prego molto per questo». La preghiera qui nella tendopoli non manca, da ieri in quella di Pia­nola lo si fa alle 18 come ogni sera nella chiesa di S. Maria, «è un mo­do per iniziare a tornare alla nor­malità », aggiunge don Francesco. Ma di normale c’è ben poco nei campi. Roio, Pizzoli, Cagnano A­miterno, Paganica e le tante frazio­ni dell’Aquila; li riconosci dalla ten­de blu allineate o ancora in costru­zione e dalla gente che vaga, a­spetta e cerca occhi amici. Don Da­niele Rosu, a Pizzoli e Cagnano, si divide tra i numerosi campi por­tando con sé il suo sorriso e la pa­rola di Dio. «Sembra poco in que­sti casi, lo so – ammette il sacerdo­te – ma noi preti siamo in mezzo alla gente perché il panico è alto e le numerose scosse portano a crisi di isteria. Anche se sappiamo di es­sere nulla di fronte alla forza della natura». Chissà perché però nei momenti tragici, c’è sempre l’anziana don­na che tira fuori di tasca un corona e inizia a recitare. I rosari e le lodi nascono spontanee nei campi. «Qui a Pettino – racconta il parro­co don Dante Di Nardo – anche pri­ma che venissero le suore ad aiu­tarci, c’era sempre un momento in cui si ringraziava il Signore al mat­tino e alla sera. Nessuna funzione organizzata, la popolazione sa di essere viva grazie a Lui». Gli aiuti istituzionali ci sono, ma la solidarietà degli abruzzesi fa il re­sto, soprattutto nell’immediato. «Un’azienda di Pizzoli che riforni­sce ospedali e mense – confessa il parroco don Claudio Tracanna – ha offerto mille e cinquecento pasti per i senzatetto. Almeno non ab­biamo avuto il problema del cibo qui». Da sfollati tutti fanno tutto e vicini di casa mai salutati diventa­no migliori amici; così anche i sa­cerdoti non alleviano solo le ferite dell’anima, ma montano tende e trasportano cibo. «Non possiamo abbandonare i nostri fedeli - dice il parroco di Roio, don Giovanni Mandozzi, mentre scarica acqua dal camion dalle Protezione civile –. La gente, poi, ha bisogno di es­sere ascoltata, di raccontare la sua tragedia, di una preghiera perso­nalizzata ». La Pasqua di Resurrezione è vicina e anche L’Aquila prova a risorgere dal dramma seguendo la passione di Cristo, così come si può. Oggi, Giovedì Santo alle ore 16 nelle ol­tre venti tendopoli dell’aquilano verrà celebrata la Messa in Coena Domini; sempre in contempora­nea, poi, la Domenica di Pasqua al­le ore 10 tutti gli sfollati all’uniso­no innalzeranno il canto di gioia per il Cristo risorto.
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