sabato 15 febbraio 2020
«Le regole servono, ma così si distrugge un lavoro educativo in una città che ha già tante urgenze»
L’arcivescovo Lorefice nel salone-teatro dell’oratorio di Palermo con educatori e ragazzi

L’arcivescovo Lorefice nel salone-teatro dell’oratorio di Palermo con educatori e ragazzi - Turrisi

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«Misure troppo restrittive, prevalga il dialogo». Quando monsignor Corrado Lorefice arriva nel campo dell’“oratorio della discordia”, trova una folla di fedeli, di volontari e di bambini ad aspettarlo. «Non siamo qui per rivendicare chissà cosa – dice subito l’arcivescovo di Palermo – . L’oratorio ha un valore formativo e sociale importantissimo. Palermo ha bisogno di luoghi come questi, di sacerdoti come questi che affrontano la sfida educativa e che sono da incoraggiare. Già abbiamo pochi oratori, imporre regole eccessivamente rigide significa distruggere il lavoro che in questi luoghi si svolge».

I palloni da basket sono ben riposti nella retina all’interno del salone-teatro, di quelli da calcio neanche l’ombra. Il giudice civile di Palermo, accogliendo le istanze di cinque inquilini del palazzo vicino che hanno denunciato rumori «intollerabili» procurati da ragazzi e adulti a tutte le ore, ha emesso un’ordinanza che stabilisce lo stop a tutte le attività sportive finché non saranno effettuati lavori di adeguamento per insonorizzare le mura del campetto.

Ma anche dopo avere assolto a queste prescrizioni, le attività saranno consentite con un’organizzazione molto restrittiva, per esempio una sola ora di basket a settimana e niente megafono. La parrocchia del centro di Palermo, guidata dai Fratelli missionari della misericordia, ha presentato reclamo e la seconda sezione civile del Tribunale ha affidato a un consulente il compito di studiare la situazione e trovare una soluzione tecnica efficiente e non troppo onerosa. Il caso, sollevato da Avvenire, è rimbalzato in ogni angolo dell’Italia, suscitando commenti e reazioni.

Il Garante per l’infanzia e l’adolescenza del Comune di Palermo, Pasquale D’Andrea, ha scritto una lettera al Tribunale in cui ricorda che l’articolo 31 della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza «sancisce il diritto dei bambini a dedicarsi al gioco ed alle attività ricreative proprie della loro età». Un diritto fondamentale «a garanzia della sana ed equilibrata crescita del minore che impara, giocando, regole e rispetto non solo per se stesso ma anche per gli altri».

Il parroco, padre Roberto Ciulla, affiancato dagli altri sacerdoti, padre Angelo Giudice e padre Davide Chinnici, presenta all’arcivescovo l’oratorio «che è il cuore pulsante della parrocchia, abitato da tutte le generazioni», mentre i bambini più piccoli prendono posto a terra, circondando monsignor Lorefice. La parrocchia ha presentato reclamo ai giudici ed è disposta a rispettare un orario settimanale di attività oratoriali dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 20, con un solo giorno fino alle 22 e il sabato fino alle 23, prevedendo anche un intervallo di almeno un’ora tra un’attività e l’altra. «Proteggiamo il rumorosissimo tonfo di una palla, anzi di tanti palloni che vogliamo continuare a sentir rimbalzare – dice Enzo Mulia, vicepresidente dell’associazione che cura l’oratorio –. Qui c’è la mia vita, l’umile vita di un uomo alla ricerca di Dio».

E per spiegare il valore di ciò che si fa, prende a esempio la storia di un bambino di sette anni, uno dei cosiddetti casi “difficili”, che grazie al basket ora si impegna a scuola, raggiunge buoni risultati e ha imparato a seguire le regole. L’arcivescovo riceve dalle mani dei volontari una maglietta gialla dell’oratorio, «così la prossima volta posso venire anche io a giocare» sorride, ma vuole lanciare un messaggio molto chiaro.

«Le misure imposte nell’ordinanza sono realmente eccessive – dice –. È chiaro che dobbiamo darci delle regole sui tempi di attività, ma è altrettanto chiaro che noi ci stiamo prendendo cura delle nuove generazioni, in una città che ha tante urgenze. Fare oratorio a Palermo significa contribuire alla trasfigurazione del volto di questa città. Sono fiducioso che il discernimento e il dialogo faranno prevalere ciò che è giusto, che non si misura a suon di decibel».

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