martedì 6 novembre 2012
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«Una legge è opportuna perché i partiti hanno dimostrato di non avere al momento la forza di autoriformarsi, però creare eccessive attese può essere dannoso. La Costituzione pone dei vincoli precisi, e resta comunque responsabilità delle forze politiche dotarsi di codici interni per presentare "liste doc" ai cittadini». Non vuole smorzare gli entusiasmi Cesare Mirabelli, giurista ed ex presidente della Corte costituzionale, piuttosto evitare che la delega del governo diventi un «parafulmine» per le segreterie di partito: «Vedo euforia nei leader, però nessuno dice che il problema legislativo nemmeno si porrebbe se la dialisi, la purificazione, l’avessero promossa loro e non delegata all’esecutivo...».Professore, partiamo dalla sostanza: cosa "impone" la Carta?Beh, primariamente ci suggerisce che se l’ineleggibilità deriva da condanne penali, si deve trattare di condanne definitive.Bersani e Di Pietro chiedono l’ineleggibilità anche per i condannati in primo grado...Allora, con calma. Distinguendo tra i reati, qualche via per impedire la candidatura di chi è sotto procedimento penale si può trovare. Penso all’istituto della "lite pendente", per la quale un amministratore non può candidarsi presso un ente con cui è in contenzioso. Sarebbe, tra l’altro, uno dei primi modi per affrontare seriamente il tema del conflitto d’interesse. In questo senso sarebbero automaticamente esclusi dalla competizione elettorale persone accusate di corruzione, peculato, sottrazione di fondi pubblici. Potrebbe valere, inoltre, anche per le liti tributarie. La norma però impedirebbe l’accesso solo a quella specifica amministrazione, non avrebbe valore generale per tutte le istituzioni.Altri paletti da rispettare?Fermo restando la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, già esistente, mi sembra di intendere che l’incandidabilità si caratterizzerà come una condizione temporanea, com’è giusto che sia, altrimenti si esclude a prescindere la possibilità di "redenzione" e la condanna diventa una macchia a vita. Però attenzione, la durata dell’ineleggibilità deve avere un minimo alto, altrimenti i cittadini si sentirebbero presi in giro. Ed è bene ricordare che questa legge nasce da un’esigenza di pulizia espressa dalla società civile... Perciò insisto: l’esigenza di una norma, seppur utile, manifesta un’incapacità dei partiti di garantire, come dovrebbero, l’adeguatezza e l’affidabilità dei loro candidati.Insiste molto su questo punto...E lo faccio a maggior ragione alla luce della legge elettorale vigente, che di fatto "impone" agli elettori di votare persone poco credibili che però le segreterie hanno messo in cima alla lista. A questo punto io auspico una scatto d’orgoglio: i partiti, incassata la norma generale dell’esecutivo, facciano di più, vadano oltre, siano loro, a prescindere dalle leggi, a chiudere le porte a persone dalla dubbia onorabilità. Sarebbe una prova di virtù importante a pochi mesi dal voto.Lo faranno?Lo spero per loro. Per il momento fanno la gara a chi fa la faccia più feroce contro gli inquisiti. Ma la realtà dei fatti è che di "impresentabili" ne abbiamo visti di recente in tutte le case politiche.Ha suggerimenti per il ministro Cancellieri?Consiglio di guardare anche a quegli incarichi non elettivi, ma di nomina politica, dove si può essere molto più duri, e dove si annidano sacche di corruzione. Penso ai numerosi enti e alle società che fanno capo alle regioni e ai comuni. Lì, non essendo in gioco il diritto all’elettorato, è molto più semplice porre dei requisiti rigorosi per ricoprire incarichi di vertice.L’incandidabilità potrebbe acuire i contrasti tra politica e magistrati?È facile notare che alcune iniziative penali appaiono talvolta esaltate dalla notorietà della personalità politica coinvolta, o temporalmente collegate a vicende politiche in corso. Perciò è importante tenere fermo il paletto della sentenza definitiva. Ma il vero nodo è la ragionevole durata del processo, specie quando sono coinvolti politici. Inoltre, per evitare i rischi che lei diceva, occorre escludere dai reati per cui è prevista l’incandidabilità quelli legati alla manifestazione del pensiero politico: penso alla disobbedienza civile, all’obiezione di coscienza... Insomma, i cittadini vogliono lontano dalla politica i furfanti, non Ghandi.
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