Almeno 3 morti e un’altra strage mancata d’un soffio mentre a meno di due ore di navigazione da Lampedusa avveniva il consueto rimpallo di responsabillità. Alla fine è intervenuta Malta, cui compete l’area nella quale si trovava il barcone salpato dalla Tunisia.
A meno di un giorno dal voto per il rifinanziamento italiano ai guardacoste libici, si rinnova la sfida dei trafficanti: spostare appena al di là del confine libico un certo numero di partenze. In questo modo la cosiddetta guardia costiera libica può lavarsene le mani senza subire i rimproveri dei finanziatori europei. Lasciando che i traffici possano proseguire o, in alternativa, catturando le persone da rinchiudere nei campi di prigionia da cui si esce solo pagando i trafficanti. Un circolo mortale che domani verrà nuovamente denunciato dalla missione Onu in Libia nel corso della riunione convocata davanti al Consiglio di sicurezza.
Ancora una volta è stato Seabird, il velivolo di Sea Watch ad avvistare il barcone e a documentare l’inerzia in mare. Nelle immagini scattate dall’equipaggio si possono vedere fra l’altro un elicottero militare, una petroliera e una fregata della Marina turca. Nessuno dei quali è intervenuto per tutto il giorno, pur trovandosi a pochi minuti di navigazione.Il barcone soccorso nella notte è rimasto per oltre ventiquattro ore alla deriva, fino a quando sulla scena non è giunto un pattugliatore inviato da La Valletta, che dista almeno 5 ore di navigazione.
Seabird / Sea Watch
Seabird / Sea Watch
Neanche la Marina di Tunisi ha inviato propri mezzi, per quanto il gruppo fosse è partito dalle coste tunisine e si trovasse appena al di fuori della propria area, al largo di Sfax.
In superstiti sono in arrivo in queste ore a Malta. Dalle prime informazioni, sembra che almeno 3 persone siano cadute in acqua e siano annegate.
Seabird / Sea Watch
Seabird / Sea Watch
Domani il Parlamento è chiamato votare il rifinanziamento della missione italiana a Tripoli che prevede l’aumento degli stanziamenti in favore delle milizie del mare.
Tra Marina militare, guardia costiera e Gacs, sono almeno tre le polizie costiere che beneficiano degli aiuti italiani. Enrico Letta chiede che il memorandum di cooperazione tra Italia e Libia sia affidato all’Unione Europea entro sei mesi. Una proposta che disimpegnerebbe l’Italia che del resto ha perso da tempo il controllo sulla cosiddetta Guardia costiera libica la cui operatività è sottoposta alle indicazioni dei “consiglieri militari” turchi stabilmente presenti sulle banchine dei porti libici.
«La cosiddetta guardia costiera libica compie sistematicamente atti criminali. Tortura, stupra, uccide. Collaborare con la cosiddetta guardia costiera libica significa divenire corresponsabili di quei crimini. Poco cambia se chiediamo di farlo all'Europa. Anzi, non cambia nulla», scrive su twitter i parlamentare del Pd Matteo Orfini reagendo alla proposta del segretario. Nei giorni scorsi anche la presidente del partito, Valentina Cuppi, aveva espresso nel corso di alcune interviste la sua contrarietà al rinnovo del sostegno italiano, ricordando come proprio l’assemblea del Pd avesse votato contro il rifinanziamento. Palazzotto (LeU) e Boldrini (Pd) hanno depositato alcuni emendamenti per bloccare i finanziamenti.
La mossa di Letta, perciò, andrebbe nella direzione di responsabilizzare l’Ue e allo stesso tempo uscire dall’incaglio. Bisogna «salvare vite» e mai invece «girarsi dall'altra parte», lasciando magari alle ong il «compito di supplire alla nostra inerzia», ha detto il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli. Parole che fanno preannunciare un sostegno forte alla proposta di Enrico Letta.
Fino ad ora l’Ue è stata a guardare. Diversi europarlamentari annunciano battaglia proprio sulla mancata sorveglianza di Bruxelles, che negli anni ha fornito alle motovedette libiche anche videocamere con cui registrare le operazioni di intervento in mare allo scopo di valutare attraverso i filmati il rispetto dei diritti umani e l’efficienza operativa, secondo l’addestramento ricevuto da paesi come l’Italia. Nessuno ha però mai visto quelle immagini né si conosce quale valutazione i vertici di Eunavfor ne abbiano mai dato.
Anche per questa ragione oggi in piazza Montecitorio si sono date appuntamento oltre 100 associazioni. Si ritroveranno dalle 17 con gli occhi coperti da una benda bianca, «simbolo delle autorità che si rifiutano di vedere, e che si piegano volontariamente alle barbarie e all'annullamento dei diritti umani», si legge nel documento dei promotori. Tra essi anche Medici senza frontiere, Amnesty, Open arms, Oxfam, Emergency. Lo scopo, spiegano, è «denunciare la responsabilità delle autorità italiane nelle continue stragi di persone migranti nel Mediterraneo centrale e nel ciclo di violenze, sfruttamento e violazioni dei diritti umani a cui sono sistematicamente sottoposti migranti e rifugiati in Libia».
Di «violazione della nostra Costituzione, delle leggi internazionali e della nostra umanità» parla padre Alex Zanottelli, che chiede ai deputati «di avere il coraggio di votare contro il rifinanziamento della Guardia costiera libica. Ricordiamo a tutti che un voto a favore significa avere le mani sporche di sangue innocente».