Migranti verso la Francia, a Bardonecchia (Ufficio stampa Cnsas/Ansa)
Si chiamava Derman Tamimou, aveva 29 anni, arrivava dal Togo ed è morto ieri per il freddo sulle Alpi fra Italia e Francia. È la prima vittima del 2019, lungo il calvario fra quelle che sono state le montagne olimpiche e che adesso sono la cornice drammatica di tante fughe che i migranti compiono in cerca di una vita migliore. Derman è stato trovato da un camionista nella notte fra mercoledì e giovedì, quasi sepolto dalla neve sulla strada statale 94 del colle del Monginevro. Semiassiderato, è stato portato all’ospedale di Briançon dove è morto poco dopo. Nel 2018, sulla stessa strada i morti erano stati tre.
Sull’accaduto la Procura di Gap ha aperto un fascicolo per 'omicidio involontario'. Quella di Derman è la fine che rischiano in molti, lungo un percorso che in questi giorni si è fatto più complicato del solito a causa delle abbondanti nevicate e del freddo intenso soprattutto notturno. Confine travagliato quello italo-francese delle Alpi: i passaggi di migranti hanno già provocato, oltre alle morti, anche una serie di proteste e incidenti diplomatici fra Italia e Francia.
Per assistere i migranti, molte sono ormai le associazioni umanitarie attive fra i due Paesi, ma anche gli abitanti del posto che hanno adottato tutti i mezzi possibili per salvaguardare le vite di chi tenta la sorte. «Non passare di qui per andare verso la Francia, rischi la vita», è stato per esempio scritto su uno dei numerosi cartelli posti lungo i sentieri più battuti da chi vuole andare in Francia senza farsi vedere. Ignoti gli autori, ma comunque gente che sa di montagna. I cartelli, infatti, sono stati posti vicino alle indicazioni delle piste percorribili con le ciaspole e che possono trarre in inganno proprio i migranti, inesperti della zona. Quelle strade montane, infatti, possono essere percorse da chi è attrezzato e non da persone che non conoscono i sentieri, né hanno scarpe e abiti adatti. Intanto, istituzioni locali, parrocchie e associazioni sono da tempo al lavoro per realizzare iniziative per spiegare ai migranti la pericolosità dell’avventurarsi sulle montagne (soprattutto d’inverno), progetti che provano però anche ad offrire sostegno a chi viene respinto dai gendarmi francesi o comunque si rende conto che il viaggio è troppo rischioso e cerca quindi un’altra soluzione per cambiare vita.
Nel 2018 i morti su queste montagne sono stati tre. La prima vittima era stata Mathew Blessing, nigeriana, ritrovata annegata nel fiume Durance, non lontano da Briancon. La sorella e una cugina, ospiti della 'Rete Solidale', avevano accusato la polizia francese. «È scivolata scappando dalla Police National», avevano detto. Successivamente altri due corpi sono stati trovati lungo le piste più battute dai fuggitivi. Proprio in occasione di quelle morti, si erano scatenate anche le proteste di un centinaio di persone a Clavière. Ma la rabbia era cresciuta un po’ fra tutti: residenti, attivisti di varia estrazione, operatori delle associazioni umanitarie. Proprio i rapporti non facili fra chi accoglie chi scappa e la polizia francese hanno creato nel tempo più di un problema. Fino all’episodio più clamoroso. Alla fine dello scorso marzo una pattuglia di cinque gendarmi francesi aveva fatto irruzione in una sala di accoglienza per migranti nella stazione ferroviaria di Bardonecchia gestita dalla associazione Rainbow4Africa. Un episodio rapidamente diventato un vero e proprio incidente diplomatico fra Italia e Francia. Addirittura, in quel caso per far uscire i gendarmi era dovuta intervenire la polizia italiana del commissariato locale. I gendarmi, entrati nella stanza senza preavviso, avevano costretto un migrante a sottoporsi ad un test perché sospettato di spacciare droga: un’accusa risultata poi infondata. In quei giorni, si arrivò a chiedere da parte dell’Italia di espellere dei diplomatici francesi. Intanto, il freddo e il maltempo che stanno per tornare sulle Alpi, accrescono nuovamente i rischi per i disperati che scappano nella neve e al gelo.