Un frame della videointervista da La Provincia pavese
L'unica colpa che aveva era quella di possedere un monopattino elettrico, di quelli che si possono anche condurre senza l’ausilio della classica spinta a piedi. Un modello troppo costoso per un ragazzo di colore. È questo quello che hanno pensato tre ultracinquantenni di Mortara (in provincia di Pavia) e che hanno anche espresso a parole, tra un insulto razziale e l’altro, prima di passare alle mani. A farne le spese è stato un giovane di venticinque anni originario del Benin (paese confinante con la Nigeria, in Africa occidentale) regolarmente residente a Mortara, sposato e che di professione fa l’operaio, insomma, una vita assolutamente normale.
Il fatto risale allo scorso primo di settembre, sabato, nelle prime ore del pomeriggio: tre persone, identificate e denunciate giovedì 6 settembre dopo una serie di indagini portate avanti dai Carabinieri della stazione di Mortara, sono sedute ai tavolini esterni di un bar cittadino, tra una chiacchiera e forse un bicchiere.
Davanti a loro passa il venticinquenne di origini africane a bordo del suo monopattino. Prima parte qualche urlo (del tipo: "Ma come fa un africano a permettersi queste cose? Noi per averle dobbiamo andare tutti i giorni a lavorare!"), poi il giovane si ferma, magari per dire la sua e fare presente di essere un cittadino come tutti gli altri, ma i tre si alzano da sedie e tavolino e proseguono con gli insulti a sfondo razziale. Poi cominciano con le botte, tre contro uno. È chiaro che il ragazzo ha ben poche possibilità di difendersi: dai tre piovono calci e pugni a ripetizione, senza tregua, un pestaggio in piena regola. Il venticinquenne cerca di ripararsi ma è difficile, tanto che alla fine qualcuno lo porta in ospedale dove i medici lo visitano in tempi brevi e constatano lesioni giudicate guaribili in quindici giorni. Il ragazzo decide quindi di sporgere denuncia alle forze dell’ordine.
Da questo momento in avanti le cose però si fanno un po' meno chiare: dopo poche ore il giovane ritira la sua segnalazione ma i Carabinieri possono procedere d’ufficio per l’aggravante razziale e quindi vanno avanti con le indagini per dare un nome e un volto ai tre aggressori, che vengono identificati dopo qualche giorno e deferiti in stato di libertà. Uno di loro è risultato essere gravato da pregiudizi di polizia e attualmente disoccupato.
Sulla loro identità c’è ovviamente il massimo riserbo. I Carabinieri ora stanno cercando testimoni che abbiano assistito alla scena per capire se i tre al momento del fatto avessero bevuto un bicchiere di troppo o se al contrario, il loro atto fosse completamente consapevole. Inoltre, stanno anche cercando di capire come mai il venticinquenne abbia deciso di ritirare la denuncia: pare, infatti, che ci sia una conoscenza in comune tra il ragazzo e i tre che lo hanno picchiato e resta da capire se la persona in questione si sia offerta di fare da paciere per sedare la vicenda, chiarire il tutto ed eventualmente riuscire ad ottenere delle scuse (e magari anche il risarcimento di un danno, visto che alla fine del pestaggio, i tre ultracinquantenni hanno anche afferrato il monopattino e lo hanno scaraventato per sfregio sull’asfalto, danneggiandolo irrimediabilmente) oppure, al contrario, se ci siano state delle minacce. Ovviamente le indagini proseguono e la cosa è ancora tutta da chiarire.
Resta comunque tutta la gravità di ciò che è accaduto, ovvero un ragazzo di colore che vive e lavora regolarmente in un paese della Lombardia picchiato perché ha un monopattino elettrico.