giovedì 17 febbraio 2011
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«Non so se durerà e non so quanto, ma so che oggi la mia bambina deglutisce, respira e gira la testa per guardarci. Ed è una bella sensazione». Non usa toni trionfalistici, anzi, colpisce la pacatezza del racconto del papà della bambina veneziana di otto mesi affetta da una grave malattia neurodegenerativa, che è stata sottoposta all’Irccs «Burlo Garofalo» di Trieste a un’innovativa terapia con cellule staminali mesenchimali (staminali adulte). A distanza di alcune settimane dall’intervento, avvenuto il 26 gennaio, i primi, timidi, segnali di miglioramento ci sono. E sono innegabili. La bimba ora è a casa, a Venezia. «L’atrofia muscolare spinale è stata diagnosticata prestissimo – ricorda il padre della piccola paziente – e ci è stato spiegato che si era manifestata al livello più grave, senza possibilità di guarigione. L’unica alternativa propostaci era esclusivamente quella con le cure palliative». La Sma1 è una grave malattia degenerativa che non lascia scampo. Con un’incidenza di un caso su 10mila nati, è causata dalla morte progressiva delle cellule neuronali e porta a una paralisi completa già nei primi mesi di vita. A fronte di una diagnosi così perentoria e irrevocabile, superato il comprensibile sconforto, i genitori non si arrendono, e cominciano a setacciare il web alla ricerca di informazioni. Un po’ come i coniugi Odone, quelli de "L’olio di Lorenzo" per intenderci. E circondati dalla stessa diffidenza dei medici, si industriano, girano, bussano alle porte, cercano strade alternative che li portano dagli Stati Uniti all’Asia sulle piste di una nuova terapia a base di cellule staminali adulte. Approdano così a due passi da casa, al Burlo di Trieste, un’eccellenza nella cura delle patologie infantili, e incontrano il dottor Mariano Andolina. Il pediatra ascolta, spiega, non illude. Propone un tentativo che prevede limitati rischi e poca invasività. I genitori accettano, senza aspettarsi il miracolo, ma sperando di andare incontro almeno a un minuscolo segno di progresso. L’operazione, avvenuta con il via libera del Tribunale Civile di Venezia, ha utilizzato il protocollo medico della Stamina Foundation Onlus, che utilizza esclusivamente staminali adulte, con cellule prodotte dal Laboratorio Verri di Monza. Le cellule staminali mesenchimali (Mscs) sono cellule immature con la capacità di autorinnovarsi e differenziarsi continuamente in cellule specializzate tessuto-specifiche. Dimostratesi più stabili delle embrionali, sono cellule di origine midollare ma si ritrovano anche nel tessuto adiposo, nel sangue periferico, nel cordone ombelicale, nel derma, nel pancreas, nel fegato, nel polmone e in altri tessuti fetali; nel midollo osseo in particolare svolgono un importante ruolo come cellule della nicchia ematopoietica.Si è trattato del primo caso di terapia con cellule staminali intratecali effettuato in Italia e il primo in Europa in una malattia come questa. Le cellule, provenienti da una biobanca che raccoglie materiale biologico da donatori adulti, sono state messe in coltura ed espanse nel laboratorio di Monza, quindi congelate in azoto liquido e inviate a Trieste. A questo punto sono state iniettate in profondità per via lombare, quasi come per effettuare un’epidurale, fino ad arrivare nel liquor e, di lì, raggiungere rapidamente il livello cerebrale. «Da quando nostra figlia è nata – prosegue il papà – la progressione della malattia è stata veloce e inesorabile. Senza margini di evoluzione positiva. Ora invece sono scomparsi i problemi di deglutizione, hanno cominciato a vedersi piccoli movimenti dell’avambraccio e una sensibile mobilità del collo e delle gambe».«E’ presto per dire se la terapia porterà a una guarigione completa o solo a un miglioramento della patologia nella bimba – ha affermato il pediatra immunologo, responsabile del Dipartimento Trapianti del Burlo, Mariano Andolina, che ha effettuato l’intervento – ma è certo che le abbiamo salvato la vita: questa patologia porta infatti a una paralisi progressiva che coinvolge anche i muscoli respiratori, fino a rendere impossibile la respirazione se non con l’ausilio delle macchine. Grazie al trapianto di staminali, questo meccanismo degenerativo è stato bloccato». Anche il professor Angelo Vescovi, esperto di staminali dell’Università di Milano Bicocca, si rallegra ma invita a una doverosa prudenza: «Quella della sperimentazione con le cellule staminali effettuata a Trieste è un’ottima notizia, ma va presa con la dovuta cautela, perché è passato troppo poco tempo dall’operazione per poter fare affermazioni definitive. Il risultato ottenuto finora è in linea con quello che ci si aspetta da un intervento del genere ma il problema è che su un singolo caso e dopo solo tre settimane è difficile trarre conclusioni». Forse è veramente prematuro gioire pienamente per un recupero definitivo e, per loro stessa ammissione, la quieta serenità dei genitori è ammantata di discrezione, per non indulgere in false speranze né per sé né, soprattutto, per tutti coloro che vivono la quotidiana impotenza di accudire un figlio o un familiare affetto da sindromi così infauste. Resta – innegabile – un dato di fatto: una terapia a base di cellule staminali adulte ha aperto uno spiraglio di cura efficace. Non trascuriamola.
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