Slegare le stringhe. Togliere le scarpe. Mettere ai piedi le calzature di un estraneo. E così, entrare in punta di piedi nella sua vita. “Non giudicare il tuo prossimo fino a che non cammini per due lune nei suoi mocassini” si legge sulle pareti della grande scatola di scarpe che fino al 28 settembre è allestita in Piazza XXV aprile, a Milano, per il progetto “Mettiti nelle mie scarpe” della Fondazione Empatia.
Grazie ad un paio di cuffie, chi indossa le scarpe di Lella ascolta anche la sua voce, in un podcast: è una mamma settantenne con un figlio autistico ormai adulto e racconta il difficile ma meraviglioso percorso di accompagnamento del ragazzo verso la sua autonomia. Paolino invece è uomo che a 18 anni legge sulla sua cartella medica la parola “irrecuperabile” per i danni causati al suo corpo dall'eroina. Le sue scarpe raccontano di entrate e uscite dal carcere, fino al giorno della sua decisione finale: chiudere le ultime siringhe in un cassetto e non toccarle più. Le scarpe da ginnastica nere di Viktoria raccontano del viaggio senza ritorno dall'Ucraina all'Italia, del dolore di partire e della fatica di costruire in un Paese sconosciuto. Del lavoro di assistente famigliare e di quel rapporto intimo e delicato che si crea con le persone che segue. E così Manlio, Shaza, Valentina, Mona, Sofy: per ogni nome, un paio di scarpe e per ogni paio di scarpe una storia vera, raccontata direttamente dal suo protagonista.
“È come se io e Dianne fossimo già un po’ amiche. Vorrei abbracciarla” si legge tra i post-it che i partecipanti all'iniziativa lasciano appesi su un tabellone all'esterno della grande scatola di scarpe. “Capire, provare e sentire l’amore immenso di una mamma per il figlio. Sei un’ottima mamma Carolina”, “L’altruismo è tutto nella vita”. Tra chi ascolta le storie c'è chi sta in religioso silenzio, chi si asciuga qualche lacrima, chi ride: alcuni racconti sono molto impegnativi, altri più leggeri. Le storie in totale sono 21 in italiano e 10 in inglese e ogni podcast dura circa 12 minuti.
Le reazioni di chi cammina nelle scarpe di un altro sono diverse: “C’è chi vuole ascoltare subito un’altra storia” racconta Petra Mezzetti, la presidente della Fondazione Empatia. “In altri casi la storia è stata troppo intensa per ascoltarne subito un’altra”. E poi: “C’è chi non si immedesima, ma capisce profondamente una fatica”. E spesso si chiede: “Ma tutta questa fatica è simile a quella che faccio io quotidianamente? E quanto sarebbe meglio se tutta la mia fatica la capissero gli altri e io capissi di più la loro?”.
Il progetto produce e riadatta in l’Italia l'opera dell’artista inglese Clare Patey (direttrice dell’Empathy Museum inglese) che traduce in un allestimento l’espressione ‘mettersi nei panni di qualcuno’ (walk a mile in someone’s shoes). “L’elemento fisico - indossare delle scarpe - è una parte importante dell’esperienza perché ogni volta che guardi in basso non riconosci i tuoi piedi: questo cambia il tuo modo di camminare” racconta Patey, che è stata ieri a Milano per l’inaugurazione dell’allestimento.
Si potrà partecipare all'esperienza fino al 28 settembre dalle 13 alle 20 e l’ingresso è gratuito. "Mettiti nelle mie scarpe" è stato realizzato con il Patrocinio del Comune di Milano, grazie al contributo della Fondazione di Comunità Milano e in collaborazione con Levi’s. Chi vuole partecipare all’esperienza deve solo presentarsi in Piazza XXV aprile, dire il proprio numero di scarpe, presentare il green pass e iniziare a camminare.