lunedì 2 novembre 2009
Il primo ottobre la tragedia che provocò 31 vittime, ma da allora nulla è cambiato. Case e strade sono ancora invase dal fango e sono ancora 6 le persone disperse Nessuno vuole andarsene Appello del sindaco: ora diamo una casa ai mille sfollati ospiti degli alberghi.
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Bisogna trovare una sistemazione per gli sfollati trasferiti negli alberghi, dando loro la possibilità di andare in alloggi scelti da loro o in quelli che troveremo noi e affitteremo». Il sindaco di Messina, Giuseppe Buzzanca, pensa ai mille senzatetto - altri cinquecento sono ospiti di parenti - che da un mese esatto vivono lontano dalle frazioni Giampilieri, Briga, Molino, Altolia e Itala e dal piccolo comune di Scaletta Zanclea. Da quando l’alluvione ha distrutto o lesionato le loro case e dove «ho accertato che si deve ancora procedere con i lavori per la pulizia delle strade e degli edifici. Solo a Giampilieri ce ne sono ancora 160 piene di fango. Per questo mercoledì verrà una task force del corpo forestale», annuncia il primo cittadino che oggi farà distribuire agli sfollati i moduli per sapere se hanno un’alternativa alle stanze d’albergo, ribadendo che il contributo per l’affitto varia da 300 a 600 euro a famiglia in base al numero dei componenti. Lungo le strade dei sei paesi-fantasma, dove si contano 31 vittime e all’appello mancano ancora 6 persone, si incontrano vigili del fuoco, uomini della protezione civile e delle forze dell’ordine. «I lavori di rimozione sono difficili - spiega Corrado Manganaro di Giampilieri - le strade sono strette, entrano solo mezzi piccoli e si devono rimuovere quasi due metri di fango». E i tempi della ricostruzione - necessari almeno 300 milioni di euro per far fronte a tutti i danni dell’alluvione dell’1 ottobre scorso - si allungano mentre l’inverno avanza. Cresce la disperazione, ma c’è anche l’amarezza per essere stati dipinti come abusivi, accusati di aver costruito case dove non si doveva. «Giampilieri ha questa forma da cinque secoli - ripete l’architetto Felice Zaccone -, la frana ha colpito la zona più antica. I nostri avi non ci hanno tramandato memoria di tragedie simili: loro però lavoravano quella collina, vi coltivavano alberi che con le loro radici trattenevano il terreno». Oggi quelle colline sono brulle e ogni estate devastate da incendi. Non quindi l’abusivismo, ma l’abbandono dell’agricoltura, del territorio e l’incuria sono quindi la causa principale della frana. Nino D’Angelo, ex presidente della circoscrizione messinese in cui rientra Giampilieri aggiunge: «Dieci anni fa avevamo denunciato il pericolo di un dissesto». Malgrado ciò nel Piano stralcio per l’assetto idrogeologico della Regione Sicilia non rientra Giampilieri e, dopo l’alluvione del 2007, era in atto una gestione commissariale con un finanziamento non speso di circa 3 milioni di euro. Ma è l’incertezza del futuro ad affliggere: «A Giampilieri - racconta Francesca Maimone - c’erano una ventina di negozi gestiti da famiglie monoreddito che da un mese non hanno alcun guadagno: queste persone stanno impazzendo». In ogni centro colpito è stato costituito un comitato. A Giampilieri il presidente è Corrado Manganaro: «Siamo in vigile attesa e stiamo cercando di calmare quelli di noi più esasperati». In particolare coloro che non hanno avuto la casa lesionata, ma non possono rientrare finché non verrà messa in sicurezza la collina. «I 60 milioni di euro stanziati dal governo non bastano - insisite -. E se non ci sono i soldi, non si sa neanche come operare». Di ricostruire altrove, nonostante il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ripeta che non c’è altra soluzione possibile, nessuno vuole sentire parlare «Esperti come l’ingegnere capo del Genio Civile o come il geologo Natoli sostengono che il paese si può mettere in sicurezza». Il comitato propone di recuperare le case abbandonate dagli emigrati. Intanto, nella desolazione, è rinata la voglia di comunità che ogni sera si materializza nella scuola dove c’è la base operativa della Protezione civile.«Vivere negli hotel è deprimente». Un anniversario che gli sfollati vivranno lontano dalle proprie abitazioni, a casa di parenti o di amici, all’interno dei centri di accoglienza o di strutture alberghiere, in compagnia dei volontari delle varie associazioni non profit. E a un mese dal tragico evento il direttore della Caritas diocesana, don Gaetano Tripodo, indica le urgenze: «La gente deve stare meno possibile negli alberghi e quindi avere la disponibilità di una casa. Certo, una casa presa in affitto, poiché per costruirla ci vorrebbe molto più tempo. La vita negli alberghi è spersonalizzante. Inoltre credo che anche i costi siano particolarmente alti, e con quei soldi si potrebbero coprire gli affitti di tante case». In molti non riescono a capire il perché si preferiscano gli hotel dove in ogni caso gli sfollati si sentono, e lo sono, ospiti, anziché affittare le abitazioni già disponibili e di nuova costruzione, risparmiando così risorse finanziarie e agevolando il ritorno a quel clima familiare sconvolto dalla tragedia. «Comprendo la difficoltà a livello burocratico - ha proseguito il sacerdote - ma già è passato un mese e purtroppo la maggior parte degli sfollati non possiede una casa propria. Certo in un mese non si può avere una casa propria, ma notiamo una certa lentezza, forse a causa della burocrazia». Per quel che riguarda l’assistenza agli sfollati, la Caritas si è attivata in diversi modi, attraverso le associazioni o i gruppi che a loro fanno riferimento. «Stiamo collaborando in modo particolare con i parroci che hanno il polso della situazione e costituiscono per noi come Caritas diocesana un canale privilegiato per la conoscenza dettagliata delle persone e dei problemi presenti sul territorio devastato, stiamo provvedendo a soddisfare quelle necessità, quelle piccole urgenze, di cui veniamo a conoscenza - ha spiegato don Tripodo -. La Caritas sta provvedendo a ciò di cui hanno bisogno gli sfollati, dal cibo agli indumenti, dall’animazione socio-ricreativa a quella spirituale». Sul fronte della solidarietà, intanto, la gente di Messina ha risposto con molta generosità. I depositi realizzati in vari punti della città sono, infatti, stracolmi. Anche per quel che riguarda l’animazione negli alberghi, sono tantissime le persone che hanno dato la propria disponibilità, al punto tale che vi è un esubero di volontari. Una dimostrazione di affetto e di vicinanza che il popolo siciliano, e non solo, non ha voluto far mancare ai mille e cinquecento sfollati, dei quali oltre mille si trovano negli alberghi del capoluogo e in quelli di altri centri della zona ionica e tirrenica della provincia.
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