martedì 6 ottobre 2009
L'ultimo bilancio del nubifragio di Messina è di 25 vittime e 10 dispersi. Lo ha detto il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, nella sua informativa al Senato sul disastro di Messina. Il bilancio definitivo, ha aggiunto, "dovrebbe quindi essere di 35 vittime, visto che per i 10 dispersi non c'è nessuna speranza che siano trovati in vita".
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L'ultimo bilancio del nubifragio di Messina è di 25 vittime e 10 dispersi. Lo ha detto il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, nella sua informativa al Senato sul disastro di Messina. Il bilancio definitivo, ha aggiunto, "dovrebbe quindi essere di 35 vittime, visto che per i 10 dispersi non c'è nessuna speranza che siano trovati in vita".--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------L'elicotterista urla come un pilota in guerra: «Maledizione, qua sotto ce n’è altri duecento». Uomini e donne e bambini. Ancora senza soccorsi. Sono i sopravvissuti di Itala Superiore. Nessuno era ancora arrivato quassù. «Preparate viveri, pannolini, casse d’acqua, li carico col verricello, quelli stanno crepando di sete».È domenica pomeriggio quando arriva l’ennesimo allarme. Nella frazione di “Itala Montagna”, come la chiamano qui, il blackout è totale: elettricità, acquedotto, telefoni fissi e mobili. È saltato tutto. Quando il velivolo finalmente si posa a scaricare viveri sono trascorsi quasi tre giorni dalla prima frana. Uno dei tanti, tragici paradossi di questa sciagura senza fine. Ieri sera la conta dei morti era arrivata a quota 25, mentre i dispersi «sarebbero 9», come ha spiegato in serata Bertolaso, e non i 40 di cui si era parlato fino a poche ore prima. E ancora si cerca. Scavano tutti. Volontari, vigili del fuoco, militari dell’esercito. Scavano e sperano almeno di poter dare ai parenti una tomba su cui piangere. Dopo una giornata di lavoro, i soccorritori avrebbero individuato il punto in cui si troverebbero i corpi dei due fratellini Lorenzo e Francesco Lonia, figli di Antonio e Maria Letizia Scionti. Il cadavere della madre è stato ritrovato sabato scorso. Il padre si è salvato, ma lì sotto vorrebbe esserci lui. Sempre a Giampilieri non c’è traccia di Ilaria, 4 anni. La mamma è stata rinvenuta senza vita, mentre il papà vagava tra i vicoli inondati di melma a cercare la sua bimba. Dicono che è colpa delle proibitive condizioni meteo, ora la pioggia ora il vento. Dicono che gli elicotteri non riescono ad arrivare dappertutto e che le strade, i ponti, sono stati demoliti. Colate di fango con un fronte alto cinque metri hanno travolto ogni cosa, cancellando i punti di riferimento aerei. Costoni rocciosi che prima erano sulle cartine ora non ci sono più. Maria Ciaronna la davano per morta. Quando i primi soccorritori sono stati ributtati indietro da uno smottamento che ha tagliato in due l’unica strada per Briga, qualcuno con gli stivali nel fango ha sentito qualcosa. La striscia d’asfalto era due metri più sotto, come nascosta da un terrapieno molle. Un vigile del fuoco calpesta una lastra liscia. Comincia a scavare a mani nude. È il tettuccio di una Fiat Panda completamente interrata. Chiunque ci fosse stato a bordo sarebbe morto da ore. Perciò gli uomini avanzano cercando di raggiungere il vecchio borgo, sperando di trovare almeno lì qualcuno da salvare. Alcune ore dopo una ruspa riesce liberare quel che resta della piccola utilitaria. I detriti hanno sfondato i finestrini e il fango ha imbottito da cima a fondo l’automobile. La signora Maria stava andando a comprare delle medicine per l’anziana madre. «Che brutta fine», dice un pompiere. Ma lei, Maria, è lì a pochi passi. Arrivata col beltempo per dire alla sua Panda: «Meglio tu che io». Appena l’acqua è entrata nell’abitacolo «mi sono buttata fuori dal finestrino. Ho visto che la montagna veniva giù. Anziché scappare a valle dove sarei stata trascinata fino al mare sono risalita verso casa». Due chilometri a piedi. Alle otto di sera nel buio più buio. «La montagna emetteva un suono mostruoso, come se dalla roccia fosse uscito il demonio. Intorno a me sentivo il finimondo, ma non vedevo niente». La morte addosso. «Braccata mi sentivo. Ora muoio, dicevo, ora muoio». Invece Maria è stata più forte del demone che sparava fango e lanciava sassi grandi quanto un furgone. «Mi sono chiusa in casa con mia madre e abbiamo pregato perché la frana non ci venisse addosso». I feriti ancora in ospedale sono trenta. Dall’inizio dell’emergenza, rende noto l’unità di crisi allestita in Prefettura, sono state curate 142 persone, 112 delle quali sono state poi dimesse. Gli sfollati attualmente assistiti negli alberghi sono 705. L’ordinanza del sindaco di Messina parla chiaro: “Evacuazione totale”. Ma almeno in trecento resistono. Un po’ partigiani e un po’ carbonari, vivono ammassati nelle case rimaste intatte. Dieci, venti, e perfino gruppi di trenta persone in un trilocale. A Giampilieri come a Briga è difficile convincere tutti a lasciare le case rimaste intatte. Così c’è chi prova a resistere. La Protezione civile non può far altro che far arrivare loro viveri, acqua e medicine. «Ho lavorato una vita a Milano, ho risparmiato lira dopo lira per poter comprare una bella casa nuova nel mio paesetto, e se me ne vado è capace che i carabinieri non mi fanno più rientrare». La signora Maria Muscarà sorride a chiunque le chiede di andar via. Ma poi afferra le chiavi del portone e ritorna al secondo piano del condominio che la furia di fango ha mancato per un pelo. «A casa mia – racconta – stasera saremo in 24. Tutti parenti e qualche vicino. Ci consoliamo a vicenda». La fitta rete di parentele e amicizie non è stata spezzata dalla disgrazia. «Abbiamo preso in casa un nostro vicino che ha perso la moglie e la bambina di sette anni – racconta Maria -. S’è salvato solo lui e il figlio di cinque anni. Una famiglia bellissima e felice, quassù in mezzo al verde, e se il papà lo lasciavamo da solo capace che usciva pazzo». Così in casa Muscarà si fa anche assistenza psicologica, a cominciare dai giochi per i bambini.Al primo piano della scuola elementare trasformata in quartier generale dei soccorsi, i volontari raccolgono richieste e suggerimenti. Sul registro viene annotato di tutto. Dalla necessità di omogeneizzati alla sorveglianza antisciacalli. La paura che qualcuno venga a toglierti quello che la montagna ha risparmiato non è fuori luogo. Quando arriviamo a Briga, raggiungibile a gran fatica dagli uomini e dai mezzi meccanici, la signora Maria Ciarona è nera dalla rabbia. «A una mia vicina andata via per mettersi in salvo sono entrati in casa i ladri. E sapete che hanno fatto? Non trovando soldi né oggetti di valore hanno scovato dei Buoni fruttiferi postali e glieli hanno fatti in mille pezzi, sparpagliati per casa come coriandoli. Bastardi sono. Scusate, ma un’altra parola in mente non mi viene». Anche Leo Vitale ha trovato ospitalità presso parenti. «La mia abitazione è praticamente sommersa fino al primo piano. Ma per fortuna nelle nostre famiglie ci siamo salvati tutti». Da mangiare non manca. «I volontari sono eccezionali e noi non ce ne stiamo ad aspettare, spaliamo tutto il giorno».È notte fonda quando anche i Vigili del Fuoco finalmente riprendono fiato. Sul costone più alto i tralicci dell’elettricità sono stati abbattuti dalla caduta di rocce. La corrente è saltata. O forse no. In cima la croce che tutte le notti si illumina è tornata a brillare. L’operaio dell’Enel allarga le braccia. «Sta’ montagna da tre giorni sta facendo come gli pare a lei».
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