Amanda Knox e Raffaele Sollecito
assolti in via definitiva dall'accusa di aver ucciso Meredith
Kercher la sera del primo novembre 2007. Si conclude così, dopo
oltre dieci ore di camera di consiglio in Cassazione, il processo
ai due imputati per il delitto di Perugia, del quale unico
colpevole resta Rudy Guede, condannato a 16 in rito abbreviato
per aver commesso l'omicidio in concorso.
La quinta sezione penale della Suprema Corte ha annullato le
condanne, a 28 anni e sei mesi per Amanda e a 25 per Raffaele,
inflitte l'anno scorso dalla Corte di Assise di Appello di
Firenze dopo che il pg Mario Pinelli, mercoledì scorso, al
termine della sua requisitoria ne aveva chiesto la conferma con
una lieve riduzione di tre mesi per entrambi dovuta alla
prescrizione di un reato minore.
La corte ha invece scelto la strada dell'annullamento senza
rinvio "per non aver commesso il fatto". Resta solo la condanna
definitiva a tre mesi per Amanda per la calunnia nei confronti di
Patrick Lumumba. La quinta sezione penale, presieduta da Gennaro
Marasca, ha citato nel suo dispositivo il secondo comma
dell'articolo 530 del codice penale, laddove è scritto che "il
giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è
insufficiente o contraddittoria la prova che il fatto sussiste,
che l'imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o
che il reato è stato commesso da persona imputabile". Si tratta
in pratica di un'assoluzione per insussistenza di prove.
"Sono immensamente felice, torno a riprendermi la mia vita", ha
detto Raffaele Sollecito, che dopo le arringhe dei suoi legali
ieri aveva lasciato Roma, e ha atteso la sentenza nella sua casa
di Bisceglie in provincia di Bari "Quella stessa magistratura che
mi ha condannato ingiustamente - ha detto anche il trentunenne -
mi ha restituito oggi la dignità e la libertà".
"Sono enormemente sollevata e grata per la decisione della
Cassazione italiana", ha detto invece la Knox dagli Stati Uniti
ai suoi avvocati Luciano Ghirga e Carlo Dalla Vedova. "La
consapevolezza della mia innocenza mi ha dato la forza nei tempi
più bui di questo calvario" ha aggiunto l'americana da Seattle.
"Sono sorpresa e molto scioccata", ha invece commentato Arline
Kercher, la madre di Meredith. L'avvocato della famiglia Kercher,
Francesco Maresca, ha parlato di una verità "difficile da
digerire per la famiglia, per noi che l'abbiamo difesa e per i
giudici che hanno emesso i verdetti di condanna".
Della lunga giornata di ieri resta anche l'urlo con cui
l'avvocato Giulia Bongiorno ha accolto la lettura del dispositivo
da parte della corte. La Bongiorno, per lunghe ore, aveva
passeggiato nervosamente in disparte al secondo piano del
Palazzaccio, dove davanti all'aula magna i giornalisti hanno
atteso che terminasse la camera di consiglio. Terminando la sua
arringa nella mattinata aveva affermato che "Raffaele Sollecito è
un puro, un Forrest Gump. È stato condannato a 25 anni di carcere
Forrest Gump", dopo aver battuto soprattutto sul tasto della
inattendibilità - sempre sostenuta dalle difese dei due imputati
- degli accertamenti compiuti sul Dna rilevato sull'arma del
delitto e sul gancetto del reggiseno di Meredith.
A pagina 214 delle motivazioni al verdetto di condanna nel
processo di rinvio a Firenze, aveva sottolineato la Bongiorno
nell'arringa, "la sentenza ammette che non vi è prova certa del
Dna nemmeno sul gancetto. E dopo aver detto che manca la
certezza, propone una distinzione tra significato scientifico e
giuridico della prova, dicendo che l'incertezza non esclude la
capacità probatoria ridotta. Si arriva a un principio
inaccettabile". "La prova genetica o è certa o va cestinata, il
Dna o è di Sollecito o non lo è, non può essere forse", aveva
attaccato la Bongiorno, "il mezzo Dna è una trappola".
Prima che i giudici entrassero in camera di consiglio anche
l'avvocato Luca Maori, che con la Bongiorno ha difeso Sollecito,
aveva affermato che "Il coltello e il gancetto sono le tessere
fondamentali di questa vicenda. Se cadono queste tessere cade
tutto. La Corte di Assise di Appello di Firenze, screditando la
perizia fatta nel primo giudizio di secondo grado ha riesumato la
consulenza genetica della polizia che rappresenterebbe un forte
indizio di colpevolezza da unire ad altri anche se non
costituisce una prova scientifica certa".
L'avvocato Bongiorno, in un altro passaggio, aveva anche chiesto
che potessero essere differenziate le posizioni di Solletico e
Knox affermando che "non si può punire Raffaele per non aver
accusato Amanda". "Non sono state rinvenute tracce di Amanda
nella stanza di Meredith, e nemmeno di Sollecito. Se Amanda e
Raffaele fossero stati nella stanza del delitto avremmo avuto una fotografia uguale a quella di Rudy, invece non troverete nella
sentenza una parola su questo" aveva anche detto l'avvocato.
Amanda Knox e Raffaele Sollecito erano stati arrestati il 6
novembre del 2007, restando in custodia cautelare fino alla
sentenza di assoluzione di entrambi da parte della Corte di
Assise di Appello di Perugia il 4 ottobre 2011. Dopo quel
verdetto, l'americana era subito tornata negli Stati Uniti mentre
Sollecito, iscrittosi all'università a Verona, ha affrontato il
resto del processo in Italia.
Il 26 marzo 2013 la Cassazione annullò con rinvio le assoluzioni.
Il processo di rinvio per competenza si è tenuto poi davanti alla
Corte d'Assise d'Appello di Firenze, che il 29 aprile ha
condannato a 28 anni e sei mesi Amanda e a 25 Raffaele disponendo
per lui anche il divieto di espatrio. Fino all'epilogo, stavolta
definitivo, di ieri.