L’ illuminazione pubblica? L’accendo io, ma solo e quando mi serve, e per il tempo che mi serve. Mentre l’Italia non intende restare al palo nella corsa al risparmio energetico e alla riduzione dell’inquinamento luminoso (è di questi giorni la notizia che la Regione Liguria sta lavorando ad una norma che imporrà tra l’altro di spegnere tutte le insegne dopo la mezzanotte e di abbassare del 30 per cento l’intensità del fascio di luce irradiato dalle lampade stradali tra la mezzanotte e le cinque del mattino), parte dalla Germania settentrionale un processo in grado di rivoluzionare i sistemi di illuminazione. Soprattutto nei piccoli centri e nelle aree urbane a bassa densità abitativa, là dove l’uomo potrà comandare direttamente i fanali attorno a casa sua sottraendone il governo ad un apparato centralizzato. Non si tratta di tornare alla ottocentesca illuminazione a gas. Allora era la mano di un addetto che ogni sera provvedeva all’accensione dei singoli lampioni e il mattino successivo li spegneva, ma oggi entrano in gioco l’elettronica e la telefonia mobile, con risultati davvero incoraggianti, tanto che già altri Paesi dell’Unione guardano con interesse alla pionieristica iniziativa tedesca. Di essa presto si occuperanno anche le autorità di Bruxelles. Il borgomastro di Lemgo, cittadina del Land Nord Reno-Westfalia al centro del triangolo Hannover-Paderborn-Osnabrueck, 40mila abitanti, era scettico quando il signor Dieter Grote gli chiese udienza per proporgli il progetto che aveva elaborato: un sistema di accensione dell’illuminazione stradale pilotato dall’invio di un sms da cellulare. Herr Grote insistette e alla fine la municipalità decise di provare. Il test effettuato per circa un anno ha avuto un effetto immediato sulle finanze locali, sgravate di 70mila euro di costi di energia elettrica. E la luce? La luce in strada c’è, con un sms (50 centesimi di costo) o una telefonata il cittadino indica il percorso desiderato, lungo il quale si attiveranno i lampioni per una quindicina di minuti, tempo più che sufficiente per il viaggio. Provvede a tutto il computer destinatario dell’sms, il cervello del servizio offerto da un’azienda specializzata che si chiama Dial4Light, 'componi il numero per accendere la luce'. Soddisfatto il Comune e felici molti cittadini che pagheranno meno tasse locali, mentre progetti-fotocopia vengono esaminati nelle città di Schwelemtrup-Doerntrup e di Rahden. Non si nascondo comunque i problemi: il costo a carico dei singoli, la difficoltà per gli anziani, il rischio che qualcuno circoli al buio per non pagare, o che si esca meno la sera per risparmiare, riducendo il giro d’affari dei ristoranti e dei bar... L’illuminazione pubblica su misura e su richiesta può rappresentare comunque una delle nuove frontiere per la città nella quale l’attenzione al risparmio energetico, esigenza primaria in tempi di crisi economica, si coniuga alla necessità di ridurre l’inquinamento luminoso, problema portato all’attenzione dell’opinione pubblica e delle autorità politiche in questo 2009 dichiarato Anno internazionale dell’astronomia. Senza però compromettere la sicurezza di chi la città percorre anche di notte. Dati alla mano, ad ogni cittadino europeo l’illuminazione pubblica costa una ventina di euro l’anno, mentre le pubbliche amministrazioni vi destinano il 30- 40% della spesa energetica complessiva. In Italia il 15-20% dei consumi elettrici – calcola Confindustria – se ne va per dare luce a strade e piazze. E il fabbisogno cresce del 5% ogni dodici mesi causa il proliferare di nuove arterie, nuovi svincoli, nuove rotatorie. Né va trascurata in tale contesto la cronica gracilità del nostro sistema energetico: nel 2010 il consumo nazionale di elettricità sarà pari a 400 miliardi di kiloWatt/ora, il 60 per cento in più rispetto al 1994. Per inciso, la defunta centrale nucleare di Caorso con i suoi 840 megaWatt di potenza installata garantiva 6 miliardi di kiloWatt/ora annui. Questo per capire la dimensione del problema. Cominciare a tagliare l’illuminazione stradale per consumare meno? Diciamo razionalizzare, più che ridurre. Non saranno buie e spettrali le città se si perfeziona la tecnologia delle lampade, si applicano sensori che regolano il flusso luminoso in relazione all’intensità delle tenebre (pensiamo alle notti di plenilu- nio), si modificano i proiettori, i riflettori e i corpi esterni dei punti luce, così da evitare la dispersione verso l’alto di un buon terzo del fascio luminoso, come capita attualmente. In attesa che vengano sperimentate nel contesto italiano ed eventualmente introdotte le innovazioni adottate a Lemgo (non certo applicabili su larga scala, ma utili su determinate porzioni delle aree urbane), comincia a diffondersi la sostituzione delle lampade a scarica di gas con i led, quei minuscoli puntini luccicanti che ben conosciamo essendo presenti su quasi tutti gli elettrodomestici di casa. A parità di resa luminosa i led consentono un risparmio energetico del 50%, e si capisce allora come molte amministrazioni comunali siano interessate a rinnovare i punti luci dopo che i costi dell’illuminazione pubblica si sono impennati di un buon terzo in un anno. Torraca, provincia di Salerno, 1.400 abitanti, vantava nel 2007 il primato della tecnologia led lungo le strade. Solza, provincia di Bergamo, paese natale del Colleoni, approfittando di un bando della regione Lombardia progetta la sostituzione di tutte le lampade con i led, spesa di 350mila euro, contributo regionale dell’80%. Ma sono decine ormai i Comuni che sperimentano una innovazione che porterà al pensionamento delle lampadine di vecchio stampo, così si spenderà meno e si potrà osservare meglio il cielo. Gli annunciati provvedimenti della Regione Liguria, che l’assessore all’Ambiente Franco Zunino vuole rendere vincolanti per tutti i Comuni, prevedono infatti la diffusione dell’impiego di lampade a risparmio energetico, nonché il divieto di proiettare fasci luminosi verso l’alto. Ma città meno illuminate o illuminate in maniera diversa non saranno meno sicure? Philippe Camellini, esperto di urbanistica e di governo del territorio, consulente di amministrazioni pubbliche nonché di varie aziende di illuminotecnica, tranquillizza. «È questione di qualità e non di quantità del flusso luminoso », spiega. «Se la luce va in alto anziché verso il suolo, oppure è indirizzata male, oppure dà origine a riverberi e abbagliamenti, non ci siamo. Possono derivarne incidenti. Quanto alla domanda di fondo, si può evidenziare un dato inoppugnabile: negli ultimi anni l’illuminazione è enormemente aumentata in tutte le città europee, ma a quanto pare non si può dire lo stesso per la sicurezza. È chiaro che qualcosa non torna».