Negli appunti di Giorgia Meloni ci sono parole più volte sottolineate. Pnrr. Inflazione. Manovra. Immigrazione. Giustizia. Banche. Salario minimo. Sono i fronti aperti che agitano l'esecutivo. Sono i nodi con cui Palazzo Chigi dovrà fare i conti da subito. Meloni non si nasconde. «Sarà un autunno molto impegnativo e importante», aveva detto una manciata di giorni fa. Nelle ultime ore la premier ha usato un'altra immagine per far capire il clima che si respira nella roccaforte del governo: «Palazzo Chigi? È come stare sull'ottovolante 24 ore su 24. Ogni giorno è una sfida e riuscire a tenere insieme tutto è veramente difficile. A volte ti viene il desiderio di scendere da quell'ottovolante, di fermarti un momento e di tornare alla normalità. Ma è un pensiero che ti lambisce la mente solo per qualche istante e poi svanisce. Perchè sai che quello che stai facendo ha uno scopo, un senso più grande». È una partita complicatissima. Che si intreccia tra Roma e Bruxelles. E dietro la quale prendono forma interrogativi ancora senza risposta: che accordo si riuscirà a trovare sul patto di Stabilità? Che tipo di Manovra si riuscirà a fare senza risorse? Servirà rimettere la testa sul Mes e immaginare un'altra intesa possibile? Il quadro è complesso. Ci sono risorse da trovare (qualcuno già parla di una manovra correttiva), ministeri da accontentare, partiti che chiedono. E ci sono scelte da fare per arrivare con un Progetto al voto europeo del prossimo anno. Quali alleanze? Quali parole d'ordine? Insomma scelte da fare e anche l'ultimo caso politico, quello aperto dal libro del generale Vannacci fa capire che dentro la maggioranza e dentro il governo c'è un confronto tra due linee. Da una parte Salvini che "chiama" il generale e lo vorrebbe in lista per le europee, dall'altro Crosetto che gli ricorda il dovere della riservatezza. Meloni ancora non ha preso posizione. Ma ecco i sette fronti. I sette ostacoli. Le sette mine. E una domanda: la premier riuscirà a uscire indenne?
PNRR: I 35 MILIARDI CHE MANCANO E IL FASTIDIO DEI SINDACI
Raffaele Fitto, il ministro che segue il Piano ha più volte assicurato (e la premier ha le stesse certezze) che entro la fine dell’anno avremo in cassa i 35 miliardi della terza e della quarta rata. Entrambe sono state sbloccate, la prima dopo sette mesi di trattative, e però non c’è stata ancora l’erogazione di soldi. Di cui invece le casse dello Stato hanno bisogno come dell’aria. Il secondo problema con cui fare i conti sono proprio i 16 miliardi del Pnrr "tagliati" ai comuni: molti dei progetti sono cantieri avviati, i sindaci temono di non poter più avere quelle opere e soprattutto chiedono i motivi di questa distrazione di fondi.
MELONI CACCIA A 30 MILIARDI E IL NODO BANCHE
La premier si confronta quotidianamente con il ministro dell'Economia Giorgetti. E lui non le nasconde la verità: per provare a rispettare gli impegni servono almeno 30 miliardi. Al momento il governo può contare su 4,5 miliardi stimati con il Documento di economia e finanza uscito in aprile. A questa cifra vanno aggiunti 1,5 miliardi in arrivo dal taglio della spesa corrente dei vari ministeri (300, 500, 700 nei tre anni fino al 2026). Molto si pensava che potesse arrivare dalla tassa sugli extraprofitti delle banche voluta da Giorgia Meloni e da Matteo Salvini. Ma il no di Forza Italia e dei centristi di Noi moderati rischia di depotenziare fortemente la portata della misura. Lo scontro è fissato alla ripresa a palazzo Madama. Il vicepremier Antonio Tajani pretende modifiche. E se riuscisse a vincere il "braccio di ferro" con la premier il tetto al prelievo dimezzerebbe l'impatto della misura che non sarebbe più di 2,5 miliardi.
LA SFIDA DEL SALARIO MINIMO E IL PATTO ANTI INFLAZIONE
Le opposizioni (ad esclusione di Italia viva) non mollano e a ottobre quando scadrà la sospensiva dei due mesi voluta dal centrodestra e votata dalla Camera bisognerà prendere una decisione sul salario minimo. Ora Pd-M5s e sinistra vanno avanti con la raccolta delle firme (dicono di essere a quota trecentomila) a sostegno della petizione con cui si chiede ai cittadini di sostenere la proposta di un salario minimo di 9 euro l'ora. Meloni per tentare di trovare una soluzione condivisa su lavoro povero e salari bassi ha deciso di passare la palla al Cnel a cui la premier - dopo il vertice a palazzo Chigi con i leader delle forze di minoranza - ha affidato il compito di approfondire la materia. Intrecciato al dossier lavoro povero c’è il tema inflazione. Il carrello della spesa vola sempre con la doppia cifra. La ricetta del ministro Urso è il patto antifinflazione che dovrebbe scattare dal primo ottobre, certamente in ritardo e con pochissime garanzie di successo.
La questione migranti è soprattutto politica, perché i numeri dicono che gli arrivi sono più che raddoppiati rispetto allo stesso periodo del 2022: 105mila sbarchi contro 50mila. Prima della pausa estiva Meloni ha incontrato il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi per mettere in cantiere un decreto per velocizzare le procedure di rimpatrio degli irregolari violenti o pericolosi. La premier è ben cosciente di quanto il dossier sia sensibile, tanto che negli ultimi mesi si è molto spesa con la Tunisia (da cui salpano la metà dei clandestini diretti in Italia) per raggiungere un'intesa che assicurasse una drastica riduzione delle partenze. Strategia che, fanno presente dal Viminale, sta ottenendo i suoi risultati, con una decisa riduzione degli arrivi nell'ultimo trimestre. Intanto, però, dal centrodestra è iniziata la controffensiva. Guidata dal vicepremier Matteo Salvini che nelle ultime settimane ha puntato dritto su Bruxelles: il ministero dell'Interno sta lavorando a un nuovo decreto sicurezza per rendere le espulsioni più veloci e meno complicate, perché non possiamo ospitare mezzo mondo in Italia con un'Europa che se ne frega e si volta, come sempre accade, dall'altra parte.