mercoledì 25 ottobre 2023
La premier al Senato alla vigilia del Consiglio Ue: contesto internazionale più difficile, condanna ad Hamas ma Israele non abbia "reazioni di vendetta". "Maggioranza compatta, fatevene una ragione"
Meloni e Tajani al Senato

Meloni e Tajani al Senato - Ansa

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Le consuete comunicazioni che il governo rende alla vigilia dei Consigli Europei (il prossimo giovedì 26 ottobre e venerdì 27 a Bruxelles) diventano per Giorgia Meloni l'occasione per fare il punto sulla grave crisi Hamas-Israele.

"C'è un contesto internazionale ancora più difficile - ha esordito la premier al Senato -. L'Unione europea è chiamata a dare risposte" alle sfide, "la discussione sarà condizionata dai terribili eventi in Medio Oriente. Voglio esprimere ancora la mia vicinanza ai familiari delle vittime" dell'attacco di Hamas ad Israele, ha detto Meloni suscitando l'applauso in piedi di solidarietà dell'aula di Palazzo Madama. "La mia grande preoccupazione è per la sorte degli ostaggi", ha confermato la premier, "voglio ribadire il mio profondo sgomento" per come Hamas "si è accanito su civili enormi. Non ci può essere ambiguità" nella condanna ai crimini "o distinguo sulla lotta" alla forma di antisemitismo. Non devono esserci dubbi nel sostenere il diritto di Israele a difendersi "nel rispetto delle leggi internazionali", ha ribadito la premier.

Meloni mette in guardia dal ritorno del terrorismo ma rinnova anche l'invito a non cadere nella "trappola" dello "scontro di civiltà", e perciò invita Israele a non avere "reazioni di vendetta", distinguendo Hamas dai civili palestinesi. L'Italia fa dunque da "ponte" per una "de-escalation". Il timore è che nel conflitto entrino anche "Russia e Cina", e secondo la presidente del Consiglio "non è un caso" che Putin non si sia esposto nella condanna ad Hamas.

Poi conferma, la premier, in chiave interna ed europea, l'idea secondo cui c'è un "possibile nesso" tra migrazioni e terrorismo. "Dobbiamo avere il coraggio di dire che può esistere, purtroppo, un legame tra terrorismo e immigrazione irregolare, e che ha sbagliato chi finora, per riflesso ideologico, ha liquidato con sufficienza questo possibile nesso, temendo una stretta rispetto a politiche politiche delle porte aperte che abbiamo conosciuto in passato". Ciò motiverebbe la blindatura del confine con la Slovenia: "I più recenti rapporti della nostra intelligence - completa il ragionamento Meloni - ci hanno confermato che proprio dalla rotta balcanica e da queste modalità operative di infiltrazione possono arrivare per noi i maggiori rischi ed è questa la ragione che ha spinto il governo a intervenire tempestivamente, sospendendo Schengen e ripristinando i controlli alla frontiera con la Slovenia". Insomma, la nuova fase storica mette a rischio anche Schengen: "Alcuni autorevoli politici europei hanno commentato questa circostanza mettendo in guardia dal rischio che, continuando su questa strada, Schengen possa andare in frantumi e con esso uno dei pilastri dell'integrazione europea, che è la libera circolazione. E' un rischio evidente e una preoccupazione che condividiamo. Ma a maggior ragione, l'unico modo per impedire anche questa deriva è lavorare per difendere i confini esterni dell'Unione". Nel complesso, dunque, "non più porte aperte e redistribuzione, ma protezione dei confini esterni, lotta senza quartiere al traffico di esseri umani, accordi con i Paesi terzi, canali legali per rifugiati e quote di immigrati regolari compatibili con i bisogni del nostro sistema economico". Insomma un rafforzamento della strategia seguita sinora da Roma in sede europea. Anche con riferimento al memorandum Ue-Tunisia, Meloni ha enfatizzato come proprio la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen abbia "inviato in queste ore una lettera al Consiglio Ue dando atto dei passi concreti fatti in questa direzione e annunciando, tra l'altro, un provvedimento imminente per rafforzare il quadro giuridico e le politiche europee di contrasto al traffico di esseri umani". Nella replica agli interventi in Senato, la premier si spinge a definire gli accordi di redistribuzione dei migranti in Ue un "pull factor" per i trafficanti.

Quanto all'altro tema caldo in Europa, la riforma del Patto di stabilità, Meloni ribadisce la linea italiana: "Le nuove regole" di bilancio "devono senz'altro mirare ad una riduzione del debito pubblico ma in modo graduale e sostenibile, perché solo così potranno essere credibili e applicabili, superando gli errori del passato". "L'Unione - ricorda Meloni - ci chiede di continuare ad investire sulla difesa e sugli strumenti di sostegno all'Ucraina e noi non vogliamo, come detto, venir meno a questo impegno". "In questo quadro, computare questi investimenti che ci vengono promossi, anche da Bruxelles nei parametri deficit-Pil, ci sembra un controsenso che rischia di minare proprio gli obiettivi di sostenibilità e di sicurezza che ci siamo dati. Per questo continueremo a sostenere la necessità di scorporare, in tutto o in parte, queste voci", è il suo ragionamento.

Infine un riferimento politico interno: l'Italia in Europa ha "idee chiare, schiena dritta e credibilità" anche grazie "al sostegno di una maggioranza politica compatta, fatevene una ragione".

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