sabato 14 settembre 2024
La premier: «Precedente gravissimo. Difendere i confini non è reato». Anche Tajani difende Salvini. La replica della leader del Pd: «Non interferisca»
Elly Schlein

Elly Schlein - Ansa

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Appresa la richiesta di condanna per Matteo Salvini, la Lega evoca subito «il processo politico», gli alleati del centrodestra si accodano – anche se FdI e FI all’epoca dei fatti non facevano parte del governo giallo-verde – e riavvolgono il nastro fino ai tempi dei frequenti scontri Berlusconi-pm, mentre al centrosinistra non sembra vero di cogliere quest’altra occasione per tirare bordate direttamente a Giorgia Meloni, anche se il “campo” non s’allarga di molto neppure in questa vicenda, tanto più che il leader del M5s, Giuseppe Conte, era “il capo” di quel Salvini ministro dell’Interno. Il governo intanto fa quadrato attorno a Matteo Salvini e, dalle indiscrezioni che trapelano, continuerà a farlo anche in caso di condanna in primo grado, senza richiederne le dimissioni.
Dai social arriva la «totale solidarietà» di Giorgia Meloni a uno dei suoi vice, con la premier che trova «incredibile che un ministro della Repubblica rischi 6 anni di carcere per aver svolto il proprio lavoro difendendo i confini della Nazione, così come richiesto dal mandato ricevuto dai cittadini. Trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall'immigrazione illegale è un precedente gravissimo». Per l’attuale inquilino del Viminale, Matteo Piantedosi, l’eventuale condanna di Salvini «è una evidente e macroscopica stortura e un'ingiustizia per lui e per il nostro Paese». Interviene anche il ministro della Giustizia ed ex magistrato Carlo Nordio - e questo farà rumore - per esprimere «piena e affettuosa solidarietà al collega Salvini».

Lancia in resta parte per prima tutta la Lega, con un attacco più frontale verso i pm, come fa Simonetta Matone, deputato ed ex magistrato: «Difendere il delicato e complesso lavoro dei magistrati, credere nella loro indipendenza non mi impedisce di constatare amaramente che con la requisitoria dei pm di Catania si stia celebrando un processo politico». In casa Forza Italia certi trascorsi, di cui dicevamo all’inizio, evidentemente sono ancora vivi e Maurizio Gasparri, presidente dei senatori azzurri, li richiama senza mezzi termini: «La richiesta di condanna è un atto politico che non ha fondamenti giuridici, ma sappiamo che l'uso politico della giustizia è una malattia antica di questo Paese, di cui Berlusconi è stata la principale vittima» e ritiene quello della magistratura siciliana un «atto eversivo, che andrà approfondito anche come invasione delle competenze del libero e democratico Parlamento». Gli fa eco il vicepremier e numero uno di FI, Antonio Tajani: «Salvini ha fatto il suo dovere di ministro per difendere la legalità. Chiedere 6 anni di carcere per questo motivo appare una scelta irragionevole e per giunta senza alcun fondamento giuridico».

Dall’altra parte, alla segretaria Pd Elly Schlein, sino a quel momento silente, preme soprattutto l’intervento di Giorgia Meloni a difesa di Salvini, che ritiene «inopportuno» e richiama «il rispetto istituzionale» che «imporrebbe di non commentare processi aperti. Stupisce che mentre ha trovato il tempo di commentare il processo Salvini, non abbia ancora proferito una parola sul patteggiamento di Giovanni Toti». Bocche cucite dai Cinque Stelle (ordine di scuderia?), ad iniziare dal leader ed ex premier Giuseppe Conte, che ieri sera dai social è intervenuto un po’ su tutto, ma glissando sulla vicenda Salvini. Tutto tace anche dagli ex amici Renzi e Calenda. Parlano, e come, gli ex ministri 5s del governo giallo-verde, compresi Di Maio e Trenta, per ribadire le scelte «propagandistiche» di Salvini. Dall’estero, dagli Usa, fa rumore l’intervento dell’imprenditore Elon Musk, che conferma l’asse con la destra italiana affermando che «quel pazzo pubblico ministero dovrebbe essere lui quello che va in prigione per 6 anni, questo è pazzesco».

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