Berlusconi è stato condannato a 4 anni nel processo d'appello sui diritti tv di Mediaset "in relazione alla oggettiva gravità del reato" che l'ex premier ha "perseguito nonostante i ruoli pubblici assunti". Lo scrivono i giudici della seconda Corte d'appello di Milano nelle motivazioni della sentenza che ha confermato per Berlusconi una condanna a 4 anni di reclusione per frode fiscale.Nel provvedimento, i giudici del collegio presieduto da Alessandra Galli precisano che "la pena stabilita è del tutto proporzionata alla gravità materiale dell'addebito e all'intensità del dolo dimostrato". Berlusconi, infatti, siè reso protagonista di "un'operazione illecita organizzata e portata a termine costituente società e conti a ciòdedicati", e costruendo "un sistema portato avanti per molti anni, parallelo alla ordinaria gestione delle società e del gruppo e sfruttando complicità interne ed esterne ad esso".I giudici della Corte d'appello di Milano non hanno dubbi sulle responsabilità del leader del Pdl. Anche perché,evidenziano in un passaggio delle 190 pagine di motivazioni "un imprenditore avrebbe dovuto essere così sprovveduto da non avvedersi del fatto e avrebbe potuto notevolmente ridurre il budget di quello che era il maggior costo per le sue aziende e che tutti questi personaggi, che a lui facevano diretto riferimento, non solo gli occultavano da tale fondamentale opportunità ma che, su questo, lucravano ingenti somme sottraendone sostanzialmente a lui oltre che a Mediaset".Insieme a Berlusconi, infatti, è stata condannata "una ristrettissima cerchia di persone che non erano affattocollocate nella lontana periferia del gruppo ma che erano vicine (a Berlusconi ndr) tanto da frequentarlo tuttipersonalmente". La Corte d'Appello di Milano poi spiega che "in relazione alla oggettiva gravità del reato, è ben chiara l'impossibilità di concedere le attenuanti generiche" all'ex premier.
La Cassazione: richiesta di trsferimento tattica dilatoriaInfine, l'istanza di trasferire i processi Ruby e Mediaset da Milano a Brescia sembra "ispirata da strumentaliesigenze latamente dilatorie", piuttosto che "da reali e profonde ragioni di giustizia". Lo scrivono i giudici della sesta sezione penale della Cassazione, spiegando perché, il 6 maggio scorso, dissero no al trasferimento dei processi a Brescia. Anzi, nel chiedere di spostare i suoi processi da Milano a Brescia, Berlusconi muove nei confronti dei giudici "un'accusa infamante, perchè colpisce un presupposto o una precondizione irrinunciabili della professionalità e dell'onorabilità del giudice, quali il dovere di imparzialità e l'indipendenza di giudizio".