Niente di nuovo, tuttavia il fuori programma di Sergio Mattarella diventa un segnale ben preciso diretto a chi crede di poter ancora ipotizzare un secondo mandato, per lui, sulla scia di quanto avvenuto per Giorgio Napolitano. "Tra otto mesi il mio incarico termina - ricorda Mattarella -, come sapete, l'incarico di Presidente della Repubblica dura sette anni, io sono vecchio, tra qualche mese potrò riposarmi", dice il presidente della Repubblica nello stile che gli è consueto rivolgendosi "a nuora perché suocera intenda ", rispondendo alle domande di alcuni bambini in una scuola primaria di Roma, in occasione della presentazione de 'Il mio diario', l'agenda scolastica della Polizia di Stato.
"Quando mi è stato chiesto se ero disposto a essere eletto presidente della Repubblica - ha spiegato Mattarella- mi sono preoccupato perché conoscevo quanto sia impegnativo e faticoso il compito del presidente. Ma ci sono due cose che aiutano: ho chiamato intorno a me dei collaboratori molto bravi che mi aiutano a decidere in modo tempestivo e appropriato. Poi in Italia in base alla nostra Costituzione non c'è un solo organo che decide ma tanti organi diversi, le decisioni sono distribuite tra tante persone".
"Le decisioni che toccano di più la vita dei cittadini - ha detto il presidente - le prende il governo molte le prende il governo. Il presidente della Repubblica deve conoscere tutto, seguire tutte le decisioni degli altri per poter eventualmente intervenire con dei suggerimenti. L'attività è impegnativa ma tra otto mesi il mio incarico termina".
Non che fossero mancati, nel recente passato, riferimenti anche espliciti ai precendenti. In particolare, a inizio febbraio. in occasione dei 130 anni dalla nascita di Antonio Segni, quarto presidente della Repubblica della storia italiana, Sergio Mattarella aveva affidato a un lungo comunicato il ricordo istituzionale di un “uomo tenace”, dalla “personalità politica eminente nell’Italia della riconquistata libertà e della costruzione democratica”. Ripercorrendi gli incarichi di governo iniziati con il Comitato di liberazione nazionale, le due esperienze a Palazzo Chigi e il mandato al Quirinale, durato “poco più di due anni e mezzo” a causa di “una grave e improvvisa malattia“, aveva fatto un riferimento – certamente voluto – alla proposta di riforma costituzionale che l’ex capo dello Stato aveva avanzato a inizio anni Sessanta. “In occasione dell’avvio della IV legislatura repubblicana”, scrisse Mattarella, il presidente Segni segnalò “l’opportunità di intervenire sui meccanismi di elezione e nomina dei giudici costituzionali” ed espresse anche “la convinzione che fosse opportuno introdurre in Costituzione il principio della ‘non immediata rieleggibilità‘ del Presidente della Repubblica”. In quell’occasione Segni definiva ’il periodo di sette anni sufficiente a garantire una continuità nell’azione dello Stato. Inoltre - aggiungeva - ‘la proposta di modificazione vale anche ad eliminare qualunque, sia pure ingiusto, sospetto che qualche atto del Capo dello Stato sia compiuto al fine di favorirne la rielezione’. Mattarella aveva detto la sua anche sulla norma che prevede il cosiddetto "semestre bianco", per sostenere che una volta disposta la non rieleggibilità del Presidente, si potrà anche abrogare la disposizione dell’articolo 88 comma 2 della Costituzione, che toglie al Presidente il potere di sciogliere il Parlamento negli ultimi mesi del suo mandato”. Per Mattarella, “una disposizione che - a giudizio di Segni, evidentemente da lui condiviso - altera il difficile e delicato equilibrio tra poteri dello Stato e può far scattare la sospensione del potere di scioglimento delle Camere in un momento politico tale da determinare gravi effetti”.
Tuttavia, se Mattarella ha scelto di intervenire di nuovo è perché, dal dibattito in corso, si percepisce che il messaggio non era passato ancora, del tutto. Forse stavolta, fra le diverse variabili prese in esame, quella della rielezione di Mattarella perde davvero di consistenza alla luce della palese indisponibilità del diretto interessato.