Il saluto più caloroso è per gli studenti, che il presidente della Repubblica definisce «i veri padroni di casa» del Campus universitario realizzato dalla Cattolica nel complesso dell'ex monastero di Santa Monica a Cremona. Circostanza altamente simbolica, questa del recupero di un edificio che, come ricorda il rettore Franco Anelli, si pone in ideale continuità con la sede storica di largo Gemelli a Milano. Che sorge a ridosso della basilica di Sant'Ambrogio, il vescovo dal quale ricevette il battesimo il figlio di Monica, Agostino (e Agostino è appunto il nome da religioso scelto dal fondatore della Cattolica).
Sorridente e a suo agio, Sergio Mattarella riprende lo spunto ricordando come nell'Alto Medioevo proprio i monasteri furono «propulsori della rinascita culturale e civile dei popoli d'Europa». Una missione tanto più urgente oggi, in un contesto sociale ed economico dolorosamente segnato dalla pandemia. Il presidente lo ha sottolineato nel breve discorso pronunciato poco prima dell'arrivo al Campus, durante la cerimonia di posa della targa in memoria delle vittime del coronavirus nel centro di Cremona. «La mia visita intende esprimere la fiducia della ripresa che si è avviata nella convinzione che la ripresa sarà certamente veloce ed efficace», ha detto Mattarella spendendo parole di consolazione per i familiari e di riconoscenza per medici e operatori sanitari.
Ora, nel cortile del Campus dove è stato accolto dal saluto del sindaco della città, Gianluca Galimberti, e del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, il presidente torna a porre l'accento su quanto l'emergenza del coronavirus abbia contribuito a risvegliare «il rispetto per la scienza». Il riferimento più esplicito è per l'ambito delle Scienze Agrarie, che nella sede cremonese della Cattolica (condivisa con la Facoltà di Economia e Giurisprudenza) hanno il loro polo d'eccellenza. «L'obiettivo – insiste Mattarella – è quello di «fornire alimenti per tutti senza impoverire la terra». Fondamentale, nella fattispecie, la collaborazione tra pubblico e privato, della quale il nuovo Campus (il secondo, insieme con quello di Brescia, inaugurato negli ultimi mesi dalla Cattolica) rappresenta un modello riuscito grazie al generoso apporto della Fondazione Arvedi Buschini.
Non meno convinta è l'adesione del presidente a un'altra delle istanze messe in evidenza dal rettore Anelli nel suo discorso introduttivo: «È vero, abbiamo un impegno verso le generazioni più giovani – ripete –. Ma per onorarlo bisogna evitare di farsi rinchiudere o imprigionare nella considerazione esclusiva ed effimera del momento presente, con il rischio di dimenticare la storia e trascurare il futuro». Proprio dal passato, del resto, viene un auspicio incoraggiante: la prima pietra della sede della Cattolica a Piacenza, dalla quale si sviluppò poi negli anni Ottanta quella di Cremona, fu posata nel 1949 dal presidente Luigi Einaudi. Il Paese stava uscendo dalla guerra, si discuteva di riforma agraria, la posta in gioco era altissima. Com'è andata lo sappiamo, ed è un motivo in più per continuare a sperare.